Qual è la differenza tra un ‘esperto’ di PNL e di coaching ed una persona che riesce ad avere un impatto decisivo per le persone e le organizzazioni implementando ‘solo’ piccoli cambiamenti?
Scoprilo in questo audio.
Qual è la differenza tra un ‘esperto’ di PNL e di coaching ed una persona che riesce ad avere un impatto decisivo per le persone e le organizzazioni implementando ‘solo’ piccoli cambiamenti?
Scoprilo in questo audio.
Nella mia esperienza la prima cosa che gli esseri umani dimenticano è che, qualsiasi cosa amino fare, dimenticano quanto sia facile per loro farlo.
Ho lavorato nel coaching ormai con qualche centinaio di persone, e molte di queste sono davvero talentuose in qualche attività.
Non sto parlando di performer di livello medio. So riconoscere un musicista di livello superiore, o un artista visuale, o un architetto. O un ballerino. O un matematico. O un venditore. O un cuoco. O un architetto.
Persone per cui è naturale avere un orecchio assoluto, o immaginare di muoversi in spazi complessi e di sentire come sarà starci dentro prima ancora di mettere la matita sul tavolo da disegno e iniziare il progetto.
O mettere insieme 7,8,10 sapori diversi e immaginare da prima come sarà il risultato finale. O saper riconoscere le migliori materie prime per preparare un piatto da particolari così piccoli e apparentemente insignificanti per tutti gli altri tranne che per loro.
Abilità che non sono solo impossibili per me, ma che riterebbero impossibili la maggior parte delle persone.
Eppure proprio perchè sono cose facili, non vedono che quello è il punto di partenza migliore per avere accesso a quella che chiamo l’esperienza della propria vita.
La SECONDA cosa che fanno normalmente le persone è attaccare un senso di paura o di sfida al fare quello che per loro è più facile.
Strano no?
Sei bravissimo a fare qualcosa, eppure farla ti mette paura, o ti fa sentire come quando da bambino prendevi la bicicletta e invece di stare sotto casa andavi di nascosto a fare un giro nel quartiere della città più lontano… Proprio lì dove ti avevano detto di non andare perchè troppo lontano da casa.
E il paradosso è proprio questo, che questa sensazione di fare qualcosa di sbagliato è ‘attaccato’ a quello che ti riesce meglio.
E’ per questo che Joseph Campbell, lo studioso di mitologia, diceva che gli esseri umani quando non nascono non sono ‘completamente’ degli esseri umani. E che diventarlo è il lavoro di una vita.
Perchè in realtà la tua educazione formale, da bambino, è iniziata in questo modo: ti è stato comunicato a livello più o meno esplicito, che quello che interessa a te non va bene per le persone a cui sei più affezionato, ai tuoi genitori, alle persone con cui passi più ore al giorno, ai tuoi insegnanti.
Se vuoi andare bene per loro, devi mettere da parte quello che ti piace e iniziare a metterlo dopo quello che è importante per loro.
Stare 4 o 5 ore seduto in un banco, passarne altre due a casa su una sedia a fare i compiti è più importante del fare quello che ti piace. Puoi farlo SOLAMENTE dopo aver completato quello che piace a loro, non quello che piace a te.
L’intero sistema educativo è costruito in modo da insegnarti a non avere fiducia in quello che senti di voler fare. In quello che ti viene facile e che è divertente fare.
“Fidati degli insegnanti, perchè sanno quello che è meglio per te”
“Se segui quello che diciamo avrai una vita in cui ti mancherà niente: una buon lavoro, una bella carriera, una casa grande e tutto quello che serve”
Eppure quando lavoro con le persone la prima cosa che emerge è che è presente per loro il senso, forte, di qualcosa che manca. Non esteriormente, perchè da quel punto di vista hanno già tutto.
Ma qualcosa che manca e spesso non sanno neanche cos’è.
Al punto che se a queste persone chiedi ‘allora, cosa vuoi?’ – anche solo una domanda del genere li mette in crisi.
Questo, in qualche modo, è l’inizio del lavoro.
Che cosa sei venuto a fare a questo corso?
Lo chiedo spesso quando faccio formazione.
Perchè se non sai rispondere a queste domande, non puoi essere capace di generare delle performance in grado di portarti dove vuoi.
“Cosa vuoi?” è una domanda piuttosto semplice. E’ posta in modo positivo, e quando si risponde in maniera positiva ha la capacità di ‘spostarti’ in una posizione diversa. Una posizione in cui percepisci le possibilità.
Ma quello che fa la maggior parte delle persone è distorcere questa domanda nella loro mente, senza accorgersene, e trasformarla in ‘Cos’è che NON voglio?’.
Come se le due domande fossero la STESSA cosa.
E una cosa che faccio come coach.. facilitatore… mentore… dagli il nome che preferisci, è quella di riportare le persone con cui lavoro in una posizione in cui riescono a portare l’attenzione mentalmente e fisicamente in relazione a ciò che vogliono e non reagendo a ciò che nn vogliono.
Cosa vuoi?
Non voglio più lavorare dove sono adesso
Si ma io ti ho chiesto cosa vuoi
Voglio andare via dal mio posto di lavoro
Ancora non va bene… (risate del gruppo in sala)
Silenzio
Silenzio
…
…
Silenzio
Cosa vuoi?
Silenzio
Praticamente tutto quello che faccio quando lavoro ha un solo scopo, che è quello di creare un contesto per le persone in cui possono accedere ad modo di essere dove è presente ciò che vogliono e non ciò che non vogliono.
Una volta che questo filtro è a posto, posso iniziare ad usarlo per creare un senso di benessere per loro, partendo da lì.
Ci sono, normalmente, dei momenti in cui ci sentiamo più ‘vivi’ del solito.
Questa posizione… questo allineamento che insegno nel ReSonance è la rappresentazione migliore che conosco e l’esperienza di cosa vuol dire essere vivi. Un allineamento a partire dal quale tutto è percepito come possibile, e da cui comunichi nella sua interezza chi sei: fisicamente, mentalmente, emotivamente, spiritualmente.
Tutti abbiamo sperimentato per lungo tempo, da piccoli, questo stato. E abbiamo ancora accesso a questa memoria somatica e mentale di cosa vuol dire quando non c’è nessuna parte di noi che va in una direzione diversa dalle altre. E’ qualcosa con cui siamo nati, uno specie di perfezione innata, che si manifesta man mano che cresciamo in momenti sempre più rari.
Ed è una ‘posizione’, un allineamento, un modo di essere che si organizza e nasce a livello micro-muscolare… attraverso dei meccanismi di feedback… degli aggiustamenti ricorsivi con cui tutte le energie si allineano e si rinforzano le une con le altre.
Quando sei in questo stato, tutto è perfetto. Non hai bisogno di cambiare niente all’esterno di te per essere a posto, perchè percepisci (percepisci, non immagini mentalmente) che tutto quello che vuoi è possibile.
Fare quello che ami torna ad essere un piacere, non qualcosa che ti mette paura.
Una volta che accedi a questa posizione, il corpo cambia, e cambia come integri questo piacere a livello di ciò che ritieni vero, e di ciò che pensi.
Sei in grado di dire quello che vuoi, e di sostenere tutto quello che va fatto per ottenerlo, se è quella la direzione in cui vuoi andare.
E inizi a ricordare.
Benvenuto a questo nuovo contenuto della Scuola per Coach.
Come si continua a lavorare con qualcuno che dopo una o due sessioni di coaching sta ottenenendo già risultati eccellenti?
Capita abbastanza spesso che un cliente abbia dei risultati spontanei già molto buoni dopo un paio di sessioni di coaching.
E questo succede anzi in maniera naturale quando lavori bene: perchè la persona si sente supportata, o perchè hai detto qualcosa che per lei ristruttura completamente una situazione e glie la fa vedere sotto una angolazione nuova. A volte le persone arrivano da te già pronte per un cambiamento, e spesso tutto quello che devi fare è semplicemente dargli una piccola ‘spinta’ nella loro direzione.
A volte basta una sessione per ‘risolvere il problema’. O per mettere la persona con cui lavori in una posizione in cui percepisce di aver ottenuto un bel successo.
Ed è lì che inizia davvero il tuo lavoro.
Perchè?
Mi succede spesso che dopo una sola sessione di coaching la persona con cui sto lavorando si senta molto ‘in movimento… si è sbloccata una situazione all’improvviso, ha chiuso un contratto importante senza neanche sapere come… cose così. E questa euforia lo porta naturalmente a perdere di vista e a non portare attenzione a quello che di giusto ha fatto per ottenere questi risultati.
Il successo funziona con delle dinamiche a spirale. All’euforia (che è sempre una cosa buona, per carità) bisogna far seguire una serie di strategie che servono a trasformare un risultato ‘occasionale’ in qualcosa di sostenibile nel lungo periodo.
Insegnargli come fare a trasformare ciò che prima era il livello massimo nella base della propria performance da quel momento in poi. E questo richiede un lavoro specifico.
Un paio di idee su come fare.
Chiedi al tuo cliente di creare delle fondamenta più solide per il successo che ha avuto. Ti faccio un esempio: se nella settimana dopo la prima sessione di coaching ha chiuso 5 contratti in una settimana quando di solito ne chiudeva 2 o 3 – lavora sul rendere questo risultato la normalità nelle settimane successive.
Rendere normalità i risultati che sembravano fino a poco prima eccezionali… questo è il lavoro migliore che puoi fare come coach. E per farlo devi essere capace di cambiare la realtà della persona con cui lavori e costruirne per lui un’altra all’interno della quale è normale per lui generare quel tipo di performance.
E’ come quando sei all’università … se i primi voti che prendi sono alti, da quel punto in poi è normale per te essere settato su quel livello e creare le performance che servono per continuare a mantenere la media alta. Se sei un professionista e guadagni ogni mese una certa cifra, è naturale per te continuare a farlo mese dopo mese, anche se le condizioni del mercato cambiano leggermente… riesci ad adattare quello che fai in funzione di quello che ormai è naturale per te guadagnare.
La domanda è: come faccio ad espandere e a salire di livello? Come faccio a creare performance tali che quello che è il risultato eccezionale di oggi diventi la normalità dei prossimi mesi?
Come fai ad andare più in profondità con la tua relazione con il successo, qualsiasi cosa voglia dire ‘successo’ per te?
Spero che queste idee ti siano di aiuto,
Simone
(riceverai tutte le informazioni logistiche subito dopo l’iscrizione)
Simone
Ciao e auguri di buona Pasqua da Simone Pacchiele, trainer della Scuola per Coach ReSonance!
Se stai pensando ad intraprendere un percorso di trasformazione personale e di Coaching, la più grande difficoltà è proprio quella di comprendere il valore dei diversi approcci e di ciò che trovi in rete e quali criteri utilizzare per la tua scelta.
Esistono decine di approcci diversi al Coaching. E centinaia di scuole e formatori, più o meno competenti fanno Coaching o vogliono insegnarti a fare Coaching.
Come puoi scegliere evitando di sprecare i tuoi soldi ma soprattutto il tuo tempo?
Continua a leggere perché qui sotto voglio darti alcuni consigli che conviene tenere presente quando scegli un corso di Coaching o un Coach, e che secondo me aumenteranno enormemente la possibilità di fare una scelta di valore – e per valore intendo non solo il rapporto qualità-prezzo ma anzi la capacità di aumentare i risultati che ottieni attraverso il Coaching.
1. LA CERTIFICAZIONE
Dal momento che il Coaching è una attività autoregolata non organizzata in ordini professionali, non esistono (direi fortunatamente) albi di Coach in Italia. In realtà il concetto di ‘albo’ è il residuo delle vecchie corporazioni: in nessun paese Europeo a parte l’Italia esistono albi professionali ed in Italia, pur non offrendo una garanzia di qualità del servizio, sono spesso causa di inefficienze di mercato, e maggiori costi per i consumatori.
Il Coaching, per fortuna, non prevede un ‘albo’.
L’unica ‘certificazione’ di Coaching che abbia valore legale è quella ai sensi della Legge 4/2013, che regola le discipline cosiddette non ordinistiche.
D’altra parte chiunque può alzarsi la mattina e dire di essere un Coach ai sensi della legge 4/2013, e dire di fare questo lavoro da vent’anni.
E se anche esistesse una certificazione ufficiale potrebbe ‘certificare’ molto poco perché il Coaching è una attività la cui qualità è difficilmente misurabile ex-ante: serve vedere i risultati effettivi che genera per le persone.
E spesso le scuole che insistono più sulla ‘certificazione internazionale’ e che si propongono come ‘filiale’ italiana delle più grandi associazioni di coach professionisti al mondo sono proprio quelle a proporre un approccio al Coaching vecchio di 50 anni e totalmente inefficace.
Per questo la certificazioni di Coaching collegata ad ‘associazioni di Coach’ non hanno senso: certificano criteri esteriori ex-ante ma non risultati concreti ex-post. È come giudicare una torta guardandola da fuori la vetrina senza poterla assaggiare.
Insomma
Chiunque può ‘fare Coaching da vent’anni’
Chiunque può aprire una associazione di Coaching che certifica semplicemente chi paga la quota di adesione…
Chiunque può provare a convincerti che lui è il più ‘figo’, il più bravo sulla base di fantomatiche certificazioni autoproclamate o anni di lavoro più o meno reali.
La verità è che in questo settore non esistono ‘certificazioni’ con un valore reale e legale superiore a quello della legge 4/2013. E tantomeno diplomi che certifichino una ‘competenza’ superiore.
Per scoprire se la scuola che vuoi seguire è valida prima di frequentarla, l’unica cosa che puoi fare è farti un’idea dagli articoli, dai video e dai contenuti rilasciati pubblicamente e, ancora meglio, incontrare per un caffè diversi studenti degli anni precedenti e chiedere a loro se si sono trovati bene, e perché.
E alla minima incongruenza percepita valutare bene un eventuale acquisto.
So che questo può prenderti un po’ di tempo, ma la mia idea è che è meglio indagare bene prima piuttosto che accorgersi di aver sprecato dei soldi troppo tardi.
Inoltre se vuoi farmi domande a cui risponderò PERSONALMENTE su questo o qualsiasi altro aspetto del Coaching chiedi pure nel gruppo facebook Coaching Italia.
Sono (e siamo, con tutti i responsabili regionali della Scuola per Coach ReSonance) a tua disposizione per fugare qualsiasi dubbio sul Coaching.
2. RICONOSCERE ED EVITARE GLI IMITATORI SENZA SOSTANZA
Pagheresti qualcuno e ti affideresti a lui per cambiare la tua vita e la tua professione, sapendo che tutto ciò che scrive è copiato da altri?
Pagheresti qualcuno che ti dice che ti darà determinate cose ma in realtà ciò che offre è una copertura per le solite nozioni trite e ritrite che hanno una scarsa efficacia?
Te lo chiedo perché voglio evitarti delusioni.
Per esempio, c’è una scuola di Coaching del centro Italia e che organizza corsi in diverse città italiane che da almeno un anno (quando ce ne siamo accorti) copia ripetutamente e spudoratamente gli articoli, le campagne pubblicitarie e le pagine della Scuola per Coach ReSonance.
Alcuni anni fa abbiamo introdotto, per primi, alcune idee innovative ed un nuovo tipo di linguaggio nel Coaching italiano.
Un approccio al Coaching non motivazionale, come prima cosa.
Credo di essere stato il primo in Italia, almeno otto anni fa, a spiegare esplicitamente perché i corsi motivazionali di Coaching non funzionano, e ad introdurre un metodo di lavoro diverso, il ReSonance.
Adesso molti parlano di come i corsi motivazionali non funzionano, salvo poi insegnare la motivazione in aula.
Poi con il ReSonance abbiamo introdotto l’idea di trasformazione contrapposta a quella di cambiamento.
Ah… e si, è nostro anche l’articolo Coaching Confusione (titolo in realtà scelto perché mi piaceva la ripetizione delle prime due sillabe delle parole, ma che evidentemente ha colpito nel segno visto che è stato ripreso da più parti).
Frasi come:
– ‘prendere il controllo della propria vita personale e professionale’
– ‘essere e te stesso al meglio’
– ‘generare risultati maggiori con uno sforzo minore modificando la tua attenzione, piuttosto che motivarti’
– avere un senso di direzione chiaro e definito per scegliere con sicurezza cosa prendere e cosa lasciare
So che apparentemente sono solo parole, ma queste parole, quando sei nell’aula al corso, implicano una tecnologia di lavoro con le persone davvero unica, il ReSonance.
Che non è una accozzaglia di cose messe lì a caso. E’ un protocollo di lavoro specifico e molto, molto preciso per condurre le persone a percepire un senso di possibilità ed una capacità di agire molto più grande di prima.
Teniamo da 8 anni corsi in Università Bocconi, con gruppi di manager e venditori, con atleti olimpici e musicisti concertisti di alto livello. E anche con ‘persone normali’ che hanno bisogno di aumentare la propria chiarezza e di migliorare le performance e i risultati che ottengono.
Leggere le mie parole copiate da altri fino a poco tempo fa mi faceva sorridere: si dice che la copia è la forma più alta di ammirazione, ed io sono abbastanza convinto di questo.
Ad un certo punto però ho iniziato a pensare che il vero problema non è quello della copia, che in realtà qualifica la Scuola per Coach ReSonance ulteriormente agli occhi di un lettore appena attento.
In realtà il vero problema è la confusione che l’utilizzo dello stesso linguaggio copiato di sana pianta può generare in chi legge: quella di aspettarsi un lavoro basato davvero su un sistema innovativo e non sulla solite sulle solite tecniche e strategie che vengono utilizzate nel Coaching da almeno 40 anni. Un po’ di ‘ruota della vita’ (un vecchio esercizio del Coaching anni ’70), un po’ di autostima, un po’ di motivazione, un po’ di PNL. Ed è fatta.
Insomma in questo mondo spesso si copia il linguaggio (ed è ovvio che non possa che essere così).
Peccato che i contenuti siano i soliti, con l’aggravante di dissimularli dietro un linguaggio innovativo.
Il rischio è che le persone pensino poi che qualcosa di realmente innovativo nello sviluppo personale e nel Coaching non esista, e smettano di cercarlo.
Spero che tu, se sei interessato sul serio al Coaching, non sia fra queste.
3. LA COERENZA DEL TRAINER
Cerca di capire chi è davvero quella persona, al di là di quello che dice o fa.
Ti propone un corso di Coaching innovativo ed in cui a parole si scaglia contro gli approcci motivazionali al Coaching e poi nel programma del corso parla di aumentare la motivazione, e le foto sul sito mostrano un gruppo di quarantenni in giacca e cravatta che fanno ‘il trenino motivazionale’ come un gruppo di mariti in libera uscita che la notte di Capodanno cantano ‘Meu amigo Charlie Brown’?
Vuole insegnare la consapevolezza e quando parla ti trasmette l’idea che è rigido e poco spontaneo e sembra sempre che stia recitando un personaggio?
Vuole insegnarti a fare più soldi e vive a casa con la mamma perché non può permettersi di andare a vivere da solo?
Si proclama un guru dell’autenticità in grado di farti ottenere risultati sulla misura della persona che davvero sei e poi due righe dopo ti parla della trita e ritrita “motivazione”, degli “obiettivi”, di “allontanare i pensieri negativi”, di “aumentare la motivazione” oppure insegna qualsiasi cosa dal benessere fisico, a quello finanziario, a quello relazionale?
Qui c’è poca sostanza, ed è probabile che ti trovi davanti ad una persona che in aula ti riproporrà sempre le stesse chiacchiere fumose che non funzionano.
Perché il lavoro fatto sull’autenticità ed il senso di direzione nulla ha a che fare con le tecniche anni 80 volte a far credere alla persone che tutto è possibile invece che a guidarle in un percorso di consapevolezza.
Cosa insegnava 2 anni fa questa persona? E 5 anni fa? E 10 anni fa? Diceva cose totalmente diverse da quello che ti insegna ora? E’ coerente in tutti i ‘pezzi’ della sua comunicazione o quello che scrive e dice sembra un collage di storie diverse messe insieme solo per tirare un colpo al cerchio ed uno alla botte?
La coerenza è TUTTO nella formazione.
Le persone possono insegnare solo quello che SONO e la trasformazione viene da questo non dal tipo di trucchetto o di tecnica che insegnano. Il fatto è che è semplice scrivere la pagina di vendita di un corso. E scegliere un posizionamento che si rivolga a delle persone o ad altre sulla base di come tira il vento e di cosa ‘vende’ di più in quel momento.
E c’è una differenza sostanziale fra il lavorare sulla trasformazione o sul cambiamento, fra il cercare di “pompare le persone” con la motivazione oppure farle evolvere scegliendo una direzione…
Implica usare ‘tecnologie’ diverse e fare un lavoro con le persone totalmente diversi che non puoi improvvisare nel tempo di cambiare di abito con cui presentarti al pubblico.
Perché al di là del marketing o delle parole richiede una sensibilità che si costruisce in anni, e non nel tempo di scegliere (o di farsi scegliere da qualcun altro) un posizionamento di marketing.
4. NUMERI OCEANICI E ‘EVENTI’ CON PERSONAGGI FAMOSI
C’è poco da fare. Per quanto il trainer sia bravo e coinvolgente, se sei in aula con 700 persone è difficile che riuscirai ad apprendere qualcosa che vada oltre quello che puoi imparare in un libro.
A questo punto risparmia i tuoi soldi.
So che è bello stare insieme a tante persone in un aula perché c’è anche l’effetto folla che emotivamente può esaltare.
So che è bello stare a sentire l‘atleta famoso, l’imprenditore di successo e il Coach americano.
Ma se lo vedi da cento metri di distanza per quelle due ore è esattamente come se lo vedessi in TV (anzi peggio, perché almeno in TV lo vedi inquadrato bene).
Cosa pensi che ti di dirà di così sconvolgente da quella distanza e con altre mille persone che lo ascoltano?
Te lo dico io: ripeterà lo stesso script che ripete ogni volta per tutti. Tu sarai felice magari (giustamente) di averlo potuto vedere dal vivo.
Ma questo non ha NIENTE a che vedere con la tua trasformazione o la tua capacità di ottenere risultati migliori.
Ma appunto l’emozione e la motivazione del momento così come si comprano con poco, durano anche poco. Lavorare sulla parte trasformativa richiede un gruppo di persone più piccolo, dove il trainer può lavorare con te direttamente ed osservarti nelle giornate di corso, facendo un “lavoro su misura” ed insegnandoti a lavorare con le persone ad uno ad uno, perché all’inizio della tua eventuale attività di Coaching ti sarà chiesto di saper affrontare le questione poste da un individuo e non di una folla di 700 persone.
5. CHI SONO I “COMPARI” DEL TRAINER
In questo settore del Coaching c’è un po’ di tutto. La persona valida e l’improvvisato. A volte alcuni usano la strategie di ‘fare gruppo’ e di organizzare eventi simili a lunghi spot pubblicitari dove a fronte di un corso di entrata basso ognuno va lì e presenta le proprie merci ed i propri corsi.
Strategia ottima per vendere.
Ma per capire il valore della persona a cui stai affidando i tuoi soldi ed il tuo tempo, è molto importante anche valutare chi si sta associando il tuo futuro trainer.
A chi sta mettendo vicino la sua faccia? Lo sta facendo per opportunità o perché crede davvero che il suo partner temporaneo sia davvero un complemento al suo lavoro che può aggiungere valore al TUO apprendimento?
Fa parte di una cricca di sedicenti “più fighi del mondo, noi abbiamo la verità e gli altri sbagliano” oppure opera da solo o in collaborazione con altre persone serie che hanno anni di esperienza e dimostrata efficacia alle spalle, con abilità complementari alle sue?
Ecco secondo me queste sono le cose che devi guardare prima di scegliere un corso di Coaching.
Però posso dirti da subito che ho progettato i corsi di Coaching della Scuola per Coach ReSonance in modo tale da ‘superare’ questi cinque criteri che ti ho dato, che per me sono importantissimi.
Tra l’altro nel percorso in weekend puoi iscriverti ad un solo weeend per sperimentare l’efficacia del Coaching ReSonance e solo dopo decidere se iscriverti all’intero percorso.
Se ancora non l’hai fatto dagli un’occhiata:
Corso Intensivo di Coaching Professionale
A presto!
Simone
Il punto è questo: molte persone non sanno quello che vogliono. E la prima cosa che puoi fare come coach è metterli nella posizione in cui hanno una chiara idea di quello che vogliono.
Qui di seguito trovi alcune strategie che puoi utilizzare per aiutare un cliente a capire cosa vuole. Se conosci la PNL ovviamente puoi utilizzare tutte le tecniche/strutture che conosci (metaprogrammi, livelli di pensiero) per rendere il processo elegante e veloce.
1. Lavora sui valori della persona
Quando qualcuno ha chiari i propri valori, i suoi ‘obiettivi’ diventano molto più chiari
2. Se sai come si fa, lavora su ‘chi è’.
Il lavoro ‘ontologico’ (che puoi imparare nel ReSonance) è molto potente. Quando una persona ha un chiaro senso di chi è, sa quello che vuole. Punto.
3. Lavora sulla definizione di successo del tuo cliente.
Per me successo è tenere un corso con un piccolo gruppo formato dei miei clienti ‘ideali’ (che normalmente sono persone che hanno un business o professionisti). Per qualche altro collega è avere una sala da 200 persone piena, senza tenere conto di chi hanno davanti. Sono entrambe definizioni ‘corrette’. Quando una persona ha definito cosa è il successo per lui, c’è molta meno confusione sui suoi obiettivi. Tutto il resto, come dire, procede dall’idea che hai di successo.
4. Lavora con il tuo cliente per eliminare le sue distrazioni.
I business lasciati sospesi, aperti, che assorbono energia. A volte per le persone è difficile vedere quello che vogliono se la lente attraverso cui vedono il mondo è sporca o va pulita.
5. Porta l’attenzione del tuo cliente su qualcosa che è molto chiaro per lui. Anche una piccola cosa. Da quella posizione, a volte diventano chiare anche ALTRE cose.
6. Chiedi al tuo cliente cos’è che gli piaceva quando aveva 7 o 8 anni. Prima di venire ‘corrotto’ dall’idea che così com’è non va bene e di essere addestrato a mettere se stesso dopo quello che vuola la scuola, la famiglia, l’università, la società dove lavorano.