Sono sempre stato contrario al ‘team building’.
A dire il vero, per come l’ho visto fare, mi è sempre sembrata una frescaccia. Scendere le rapide su un gommone, camminare sul ponte tibetano, andare in barca a vela per ‘creare il gruppo’ semplicemente non funziona. O meglio, funziona mentre scendi le cascate, ma quando torni in ufficio è un’altra storia.
In un classico modello di coaching applicato al team building si analizzano le 5 tipiche disfunzioni di un team (il libro è di Patrick Lencioni, se ti interessa).
Le disfunzioni di cui parla sono:
– l’assenza di fiducia
– la paura del conflitto e l’incapacità di essere vulnerabili gli uni agli altri
– l’incapacità di prendersi un impegno
– l’incapacità di mantenere gli impegni
– la mancanza di attenzione ai risultati
In realtà è molto difficile far funzionare come gruppo un insieme di persone che sono lì per motivi decisi da qualcun altro e che non rispondono alle proprie passioni, ai propri valori ed alla propria ontologia.
Creare un gruppo (o essere, userò una parola che non amo molto, un leader) consiste secondo me nel creare per prima cosa le condizioni per cui un gruppo possa emergere naturalmente sulla base delle persone che lo compongono.
Eliminare dal contesto tutto quello che può inquinarlo, e lasciare che lo scopo del gruppo emerga.
Un gruppo non si costruisce imponendo una ‘vision’ dall’alto. Il suo scopo, il gruppo non lo prende dall’esterno, altrimenti sarà un gruppo solo perchè un manager a qualche punto del processo l’ha deciso.
Il più alto scopo che un gruppo può decidere per se nasce da una serie di ’emergenze’ che le persone nel gruppo hanno, e che non riescono a portare avanti da sole.
Un gruppo nasce dalla combinazione e dalla ricontestualizzazione di cose che le persone pensano e dicono e che si estendono a tutto il gruppo. Questo è il tipo di ‘scopo’ di un gruppo che riesce a fare grandi cose e che riesce a cambiare quello che c’è intorno.
Le aziende, e gli individui, sono sempre alla ricerca della ‘prossima cosa’, ascoltano sempre per capire come si muoverà il futuro. E questo non lo capisci creando una vision, ma piuttosto circondandoti di persone che pensano ad un livello più alto, che hanno la predisposizione per guardare più avanti. Decidere lo scopo del gruppo è un processo di co-creazione e di ascolto di persone che sono li per una urgenza che hanno, che hanno una passione a cui devono assolutamente dedicarsi e che non possono letteralmente non fare quello che fanno, e che riconoscono che farlo insieme ad altri ha un impatto molto più grande.
Da quel momento non sei neanche più te a trarre un vantaggio e ad usare il gruppo di cui fai parte, ma è il gruppo che usa te, ed inizi a fare cose e ad agire in un modo che non è riconoscibile neanche a te stesso. ‘Chi sei’ è diventato qualcosa di diverso, perchè ti sei riconnesso e riorganizzato intorno al tuo gruppo.
Simone