Se devi leggere una sola cosa che ho scritto, leggi questo post.
Non è un articolo che semplicisticamente ti dice ‘se ci credi ce la fai’ o luoghi comuni da coaching motivazionale.
Invece inizia ad esplorare come funzionano insieme linguaggio e corpo nelle persone che già hanno benessere, funzionano bene, hanno un impatto reale all’esterno.
L’ho scritto non perché mi piace essere non-convenzionale a tutti i costi (anzi credo che molti di quello che si proclamano ‘unconventional’ molto spesso ripropongono le vecchie cose con un nome leggermente diverso).
Quello di cui mi occupo nel mio lavoro di coach e di formatore è modellare il processo che porta le persone a ‘manifestare’ gli stati di esperienza che desiderano e che gli permettono di ‘funzionare’ bene.
E di solito quando lavoro con qualcuno, l’intero processo inizia quasi sempre partendo da una posizione in cui la persona mi dice: ‘c’è un problema’.
E questa posizione è spesso per lei una specie di ‘lente’ attraverso cui direzionare la sua attenzione verso l’esperienza che vuole sperimentare: avere un lavoro diverso, una casa più grande, una relazione che funziona… e così via.
Un esempio: “Sono scontento perchè non mi piace il mio lavoro”.
Pensa a cosa deve essere vero perché questa affermazione sia vera.
Cosa deve essere vero perché questo cliente sia scontento a causa del suo lavoro?
‘Cosa deve essere vero’ comprende sicuramente:
che la persona sa cosa vuol dire essere scontento e percepisce se stessa sperimentare questo stato nello stesso tempo si sente scontenta del proprio lavoro deve essere convinta che fa un lavoro che la fa sentire scontenta e che questo la fa essere scontenta
che sia possibile che cambiare lavoro cambi qualcosa di importante per lei e soddisfi il fatto di essere soddisfatta del proprio lavoro.
Queste sono alcune delle presupposizioni ‘solidificate’ dentro l’affermazione iniziale in cui le persone normalmente presentano un problema presente nella loro vita come questo.
Ovviamente, in un processo di coaching ‘classico’ ci sono diverse cose valide che si possono fare in questi casi.
Qualcosa del tipo
“Hai davvero bisogno di cambiare lavoro? Cosa succede se non accade?”
“E cosa succede quando cambi lavoro?”
“Se non fossi scontento, cosa saresti?”
“Come è quando sei soddisfatto?”
Ciascuna di queste domande in realtà opera A PARTIRE da un filtro che considera vere le presupposizioni presenti nella affermazione con cui il cliente presenta il proprio problema. Ciascuna di queste risposte va un pò più a fondo nella struttura contenuta nell’affermazione “Sono scontento perchè non mi piace il mio lavoro” e lo fa prendendo la struttura iniziale ristrutturandola (o cercando di farlo)
Quello che succede utilizzando una delle risposte che ti ho scritto qui è che ciascuna di esse porta l’attenzione sulla struttura linguistica del ‘problema’ e sul modo in cui essa genera la struttura simbolica. E’ come se queste domande contenessero l’intero stato in cui si trova la persona che ha il problema. Questo è quello che chiamo un intervento di tipo ‘semantico’.
In sostanza: nel cercare di risolvere il problema, il coaching classico lo rende ancora più presente.
Un secondo modo di orientarsi al ‘problema’ è quello di rivolgersi alla struttura sensoriale che questa affermazione presuppone, cambiando le presupposizione che il cliente non fa un lavoro che lo soddisfa o che non può cambiare lavoro, per esempio.
Il modo più semplice in cui posso fare questo è chiedere “Come è per te fare un lavoro che ti soddisfa?” e poi utilizzare alcuni strumenti specifici della PNL (per esempio le sottomodalità) per estrarre la forma che per il cliente rappresenta ‘fare un lavoro che lo soddisfa’. E magari amplificarla ed utilizzarla così come è per mettere il cliente un uno stato diverso.
Ed infine posso lavorare invitando la persona che ha il ‘problema’ dirigendo la sua attenzione direttamente sull’esperienza che desidera avere. Usando domande che contestualizzano l’estrazione della forma come
“Cosa deve essere già cambiato per te quando hai già un lavoro che ti soddisfa?”
Questa domanda è tremendamente efficace 😉 Perché per rispondere devi necessariamente trovarti in una condizione in cui quello che desideri è già presente, e da li puoi guardarti indietro e rispondere…
E questo tipo di domande, di cui questa è solo un esempio, hanno la proprietà di mettere la persona con cui lavoro immediatamente nella posizione in cui è presente per lei l’esperienza che desidera.
Quello che mi interessa fare nel mio lavoro di coach, che da questo punto di vista posso definire soma-semantico (o di allineamento tra linguaggio e corpo), non è tanto come il cliente definisce il proprio problema o cosa deve cambiare in sè per raggiungere i suoi obiettivi.
L’unica informazione di cui ho bisogno (e che devo sapere come estrarre) è quale è l’esperienza che desiderano le persone e che vogliono per loro quando il problema non è presente.
Questo tipo di lavoro non è puramente semantico, non è linguistico perché NON si basa sul fatto di estrarre le rappresentazioni interne (le sottomodalità della PNL, per intenderci) o le rappresentazioni simboliche (comprese quelle linguistiche) ma l’attenzione è rivolta direttamente all’esperienza somatica del cliente.
Ne riparleremo.
Intanto se vuoi lavorare con questo tipo di coaching per il tuo sviluppo professionale e per riuscire a trasformare in lavoro quello che più ami fare ecco qui quello che devi fare:
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