Viaggiare può essere uno dei modi con cui mettere più a rischio la mia routine ed il mio workflow di lavoro.
Tenendo corsi in giro, mi capita molto spesso di dover partire mentre una serie di idee, di progetti e di azioni volte a completare quel progetto si stavano allineando perfettamente e stavano iniziando a girare.
Per giorni mi ero riposato cercando idee, scribacchiando appunti su un blocco… ad un certo punto un’idea per un mio progetto o per quello di un cliente ha preso forma, inizio a lavorarci e… è già ora di partire per un nuovo piccolo viaggio che interrompe la routine daccapo.
Soprattutto nei primi tempi in cui facevo questo lavoro – e passavo una settimana in un luogo e due in un altro… succedeva una cosa strana: era come se potessi lavorare ad un progetto stando in un posto solo. Il tempo del viaggio era dedicato al raccogliere idee, elaborarle (a volte troppo, fino all’inverosimile) ma non riuscivo a portare avanti niente di quello che avevo lasciato a metà prima di partire.
Questa cosa mi ha fatto riflettere, nel tempo, su cosa è il ‘viaggio’ (per piacere e per lavoro) e l’impatto che ha sul mio modo di lavorare.
Tempo fa esistevano per me due tipi di ‘viaggio’.
Il primo è quello che chiamo il viaggio per ripartire da zero.
Il viaggio che prima di fare ti costringe a chiudere tutte le cose lasciate a metà, finire tutti i lavori. Quello in cui resetti il sistema e ti riaccendi in una modalità minimale.
Della serie ‘si riparte da zero’, e quando si torna è tutto diverso.
Poi c’è il viaggio ‘pausa’. Totalmente diverso: finisci le cose assolutamente urgenti – metti in pausa tutto il resto e ti affidi all’iphone con cui leggere la mail mentre sei in giro per dire ‘appena torno sistemo tutto’ e fare quello che puoi fare delle cose restanti. Nel frattempo fai quello per cui sei partito. Che sia per svago o per lavoro sei ‘altrove’ rispetto alla tua routine.
Questo secondo tipo di viaggio è un po’ più destabilizzante perchè non ferma il flusso della tua routine rispetto al contesto (i tuoi clienti, il tuo mondo) ma molto spesso ti fa percepire che dovresti essere lì a fare qualcosa che non stai facendo – mentre fai altro.
Ma questa percezione del ‘dovrei ma non posso’ quasi sempre non è dettata da una impossibilità dovuta al tempo: del tipo ‘sto facendo altro quindi non posso dedicarmi alla mia routine’. Ma dalla percezione che sei in uno spazio diverso, e che quindi la tua routine non può continuare perchè sei in uno spazio diverso.
Anche se hai tutto quello che serve con te, tutti i documenti tutti i riferimenti tutti i libri… tutta la connettività del mondo…
Molte cose che di solito, come professionista, fai quando sei nel tuo studio o a casa – o nel TUO luogo puoi farle anche su un treno o nella hall di un albergo. Ma non le fai non perchè hai tempo ma perchè spesso percepisci che quelle attività attengono ad un LUOGO diverso – che non è quello in cui sei in quel momento.
E’ la percezione della separazione dei luoghi che frena la fluidità della tua routine – non la mancanza di tempo.
E questa percezione dei luoghi puoi trasformarla, in relazione a quello che è il tuo bisogno del momento.
Puoi iniziare ad allargare la consapevolezza di qual è il TUO luogo: personalmente quando penso al MIO spazio ho iniziato intenzionalmente a fare si da rappresentarmelo internamente – nel modo in cui me lo immagino e come lo sento – non come la mia casa o il mio studio… ma come uno spazio che comprende un luogo abbastanza largo da comprendere tutta l’Italia.
Dovunque vado in Italia, che sia 4 giorni a Milano o 3 giorni a Bari per un corso – nel tempo in cui non sono occupato a lavorare con i clienti – percepisco che quello è il mio studio in quel momento e riesco a lavorare con fluidità su tutto perchè non percepisco una separazione spaziale rispetto al resto. E’ come se fossi in un’altra stanza del mio ufficio – e questo a livello di rappresentazione interna è totalmente differente da rappresentarsi quella stanza d’albergo come un luogo ‘altro’.
Altre volte ho bisogno di ricaricarmi – e lascio che la percezione interna dello spazio sia ‘separata’.
Ma puoi allenare intenzionalmente come percepisci lo spazio in cui sei e, tramite questa intenzione, modificare completamente la tua prontezza all’azione in relazione ad una routine produttiva.
Alla prossima.
Simone
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