Uno dei modelli a cui mi riferisco nel mio lavoro di coach è quello del viaggio dell’Eroe creato da Joseph Campbell. In questo modello Campbell parla di come in realtà la tua vita e le tue esperienze sono organizzate perchè tu diventi chi sei, e di come diventare chi sei è l’essenza del viaggio dell’eroe. E’ l’avventura di cui hai bisogno per diventare chi sei.
Pensa a questa cosa: quando sei un bambino, la tua vita è semplicemente quella che è. Non c’è davvero niente di diverso da quello che è presente. Per dirla con un koan zen, mangi quando hai fame, bevi quando hai sete, dormi quando hai sonno. Non pensi neanche all’idea che ci siano persone in qualche altra parte del mondo che mangino altri tipi di cibi. O che abbiano altre abitudini. La tua vita E’ la vita, è la normalità. E’ quello che è presente.
I tuoi vestiti, il lavoro che fanno i tuoi genitori, la gente che vedi, i luoghi che vedi… non solo sono la normalità. Pensi anche che sia la normalità per il resto del mondo. Un bambino di 5 anni sperimenta il mondo in questo modo. Ogni tanto ho a che fare con clienti o amici americani (‘noi siamo il popolo più figo’ 🙂 ) che si stupiscono a volte di come il resto del mondo non fa esattamente come loro alcune cose. Come non mangi certi cibi. Come non abbia certe abitudini.
Quando sei un bambino, pensi che la normalità sia quello che sperimenti. Il lavoro di tuo padre, il tipo di casa che hai. Il tipo di amici e di relazioni che hai.
E ci stai COMODO dentro. Sei a tuo agio con quello che è normale, indipendentemente dal fatto che altri possano trovarlo strano. O brutto. O scomodo.
Ma qualcosa ad un certo punto succede… Ad un certo punto incontri altre persone, altra gente. Che sono cresciuti in un altro modo, i cui genitori fanno altri lavori, che hanno un’altra normalità. Ricordo che da piccolo avevo un amico il cui padre faceva il pilota di aerei militari. Era stranissimo pensare che suo padre passava la giornata in aria a 1000 all’ora e poi tornava a casa esattamente come il mio che era stato tutto il giorno ad una scrivania. Pensare a come fossero diverse le due cose era quasi inspiegabile per me.
Per riprendere una frase di Joseph Campbell… ‘Quando ciò in cui sei a tuo agio inizia a farti sentire a disagio… in quel preciso momento c’è ‘la chiamata’. La chiamata all’esplorazione, all’avventura. A scoprire cosa c’è nel mondo, quando hai scoperto che nel mondo c’è di più di quello che pensavi ci fosse.
E’ qualcosa che avviene all’improvviso, e spesso percepisci come qualcosa di sgradevole. Da mettere sotto i cuscini del divano. Come qualcosa sotto la superficie, che non necessariamente devi scalfire. ‘Perchè devi andare sotto la superficie? Lascia tutto così, lascia tutto com’è e tutto andrà bene’.
E la chiamata arriva in momenti diversi… quando inizi l’università. O quando hai un lavoro comodo, ed inizi a sentirlo stretto. O… non so, quando il livello della tua educazione non ti sta più bene e vuoi iscriverti all’università anche se hai un lavoro sicuro che potresti continuare a fare tutta la vita.
So due cose sulla chiamata:
una è che arriva per tutti. Non è questione di fortuna, o di personalità. Tutti la ricevono, prima o poi.
E molte persone la ascoltano e la rifiutano, e le voltano le spalle.
L’altra è che non importa quante volte rifiuti la chiamata del viaggio dell’eroe: tornerà a trovarti, ma quando tornerà sarà molto più forte, e ti metterà in crisi, e ti sembrerà che la tua vita vada in pezzi.
Potrà manifestarsi come una malattia o un disagio fisico. O come un evento professionale stravolegente. Un trasferimento dall’altra parte del mondo. Ma in qualsiasi modo si sia ripresentata la chiamata, a quel punto sarà in un modo che non potrai ignorare ed evitare. E che ti costringerà ad iniziare l’avventura. E ad operare in base al mito.
C’è un’altra frase di Joseph Campbell che mi piace molto, ed è questa:
I miti sono sogni pubblici; i sogni sono miti privati.
In fondo quando arriva la chiamata, è solo perchè l’hai chiesta.
A prestissimo!
Simone Pacchiele
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