Quando ero un ragazzino c’era una serie di cartoni animati sportivi (calcio, pallavolo) che ogni tanto guardavo.
La cosa comune a tutti questi che quando i giocatori di una squadra si passavano la palla e impostavano l’azione… tutto il mondo e soprattutto i giocatori della squadra avversaria rimanevano fermi gli davano il tempo di andare avanti.
Che si facesso gol o no, che si segnasse punto o no, non dipendeva da qualcosa che succedeva all’esterno della squadra ma solo da un errore personale o da una riflessione totalmente interna al giocatore.
E le decisioni che la squadra che andava a fare gol su come passarsi la palla e sull’azione erano prese su una configurazione iniziale della squadra, che da quando l’azione iniziava alla fine non cambiava poi molto.
Noi ragazzini che passavamo il pomeriggio a giocare a pallone per strada ci mettevamo a ridere (e cambiavamo canale) perchè sapevamo che nella realtà le cose non funzionavano così: tu vai avanti ma gli altri cercano di bloccarti e lo fanno in un continuo di variazione che ti costringono a muoverti ed a cambiare direzione, tocco, controllo… MENTRE porti avanti il tuo obiettivo, che è quello di segnare.
Nelle arti marziali di combattimento, è la stessa cosa: adeguare continuamente la propria risposta (la mossa che fai per attaccare o parare un colpo) in relazione a quello che succede all’esterno… a quello che fa il tuo avversario.
Non puoi dire: adesso gli faccio questo colpo e se poi lui fa questo io poi colpisco e poi…. Non funziona. Perchè devi essere totalmente all’esterno per cogliere i segnali e ALLO STESSO TEMPO all’interno per integrarli elaborare una risposta, che ti verrebbe da chiamare istintiva ma che in realtà è allenabile (ed allenarla è quello che facciamo nel ReSonance).
Tra l’altro, questa idea di ‘allenare la prontezza’ la troviamo nelle arti marziali ma anche nelle tecniche di tattica militare, ed è stata esplorata a lungo e teorizzata in altro modo per esempio dal colonnello John Boyd con il suo modello O.O.D.A. per quanto riguarda il combattimento aereo con i moderni caccia (la scena acme del combattimento nel film Top Gun, per intenderci).
A me piace esplorare lo stato di prontezza per quanto riguarda il business e le attività legate al business, perchè lì è ancora più utile secondo me.
Puoi conoscere tutte le tecniche di motivazione, di leadership, di vendita che vuoi. Ma se non sei in grado di usarle ed allo stesso tempo di notare quello che c’è fuori e di come reagiscono le persone a quello che fai e trovare velocemente delle tattiche che siano in linea con la tecnica che stai usando E con quello che hanno fatto i tuoi interlocuotori… tutte le tecniche che conosci sono destinate al fallimento.
Quello che ti ho detto sui giocatori di calcio del cartone animato ti avrà fatto ridere, ma è esattamente quello che succede quando qualcuno che si avvicina al mondo dello sviluppo personale e della PNL deve realizzare un obiettivo.
Prende delle decisioni, fa dei piani, calcolando la propria utilità: mettiamo che dica voglio aprire una azienda, e prende una decisione basandosi su una analisi fatta in un preciso momento. Ma poi non AGGIORNA più le informazioni che arrivano dal sistema e va avanti a testa bassa fino a che non sbatte contro un muro, che fino a poco prima non c’era.
Raggiungere gli obiettivi, se così vogliamo dire, non è questione di motivazione, è roba di prontezza.
Pensa a chi voleva aprire una videoteca a fine anni 80… ha messo da parte i soldi dopo aver cullato l’idea della sua videoteca per due o tre anni e poi l’ha aperta. E poco dopo ha chiuso, ovviamente perchè internet ha reso vecchio qualsiasi media che viaggia su media fisico.
Non è il mercato o il mondo cattivo, o la sfortuna che l’ha fatto fallire…
E’ solo che non ha aggiornato i dati che erano presenti già nel sistema e che gli dicevano ‘guarda, la videoteca è una roba passata, vai avanti ad altro’.
Come esseri umani siamo progettati per integrare stimoli esterni ed adattare il nostro comportamento in relazione a ciò che vogliamo molto velocemente.
Ma ci sono un paio di ‘filtri’ appresi dall’esterno che rallentano questo processo.
Il primo è il filtro con cui rifiutiamo quello che succede: letteralmente abbiamo il prosciutto sugli occhi. Ci hanno detto che quella tecnica, quel sistema basta usarlo e riusciamo ad avere leadership/a convincere/ad ottenere quello che vogliamo. Abbiamo fiducia cieca, e va bene, ma non aggiorniamo i dati dal sistema per adeguare come usare quella tecnica velocemente. Se qualcosa va in direzione diversa, semplicemente lo cancelliamo e facciamo finta che non sia successo.
Il secondo fattore è quello del filtro emotivo: è quello che ci fa perdere tempo a dire ‘fai che non stia succedendo… aspettiamo un’altro po’ e vediamo se DAVVERO sta succedendo’.
Entrambi questi filtri fanno ti fanno perdere tempo quando devi prendere decisioni per raggiungere quello che vuoi in un sistema che cambia.
Ne parliamo nel ReSonance del 23 febbraio a Milano, perchè è un tipo di lavoro fatto apposta per creare prontezza e metterti in grado di generare performance mentre vai nella tua direzione.
Ci sarà anche un’edizione romana del ReSonance il 1 marzo.
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