Il modo in cui le persone si avvicinano alla comprensione di una lingua straniera secondo me è uno delle aree più interessanti per esplorare gli schemi che utilizzano anche in aree diverse, capaci di generare una trasformazione personale (o di impedirla).
Parlo un inglese decente, da diversi anni guardo solo film e serie in inglese sullo schermo grande di un mac o sull’ipad. Il motivo per cui a 20 anni, quando sapevo spiccicare qualche frase scolastica, sono cambiate le cose per me è che fondamentalmente i corsi ed i libri che mi interessavano in quel momento non venivano tradotti in italiano. Quindi, detto in poche parole, imparavo l’inglese o rinunciavo.
NON ho fatto un corso di inglese PRIMA di leggere i libri che mi interessavano. I libri che mi interessavano sono stati il corso di inglese. Qualcosa sapevo, il resto me lo diceva il dizionario e la grammatica sul tavolo. Alla fine del libro avevo acquisito le informazioni del libro ed un pò più di comprensione dell’inglese.
Ed il motivo per cui questa cosa è fortunatamente successe, è che avevo così tanta voglia di scoprire cosa c’era dentro quei libri in inglese che se qualcuno mi avesse detto ‘NO! Prima di leggere quei libri devi fare un corso di tre anni allo Shenker’, semplicemente non l’avrei ascoltato. La mia intenzione era tirare fuori il contenuto di quei libri.
Impari una cosa facendola, NON studiandola prima e poi facendola. Questo è il pattern più importante che se lo cambi puoi iniziare a generare performance enormemente superiori in breve tempo.
L’altro schema, che fa coppia con questo, è quello che chiamo lo ‘schema dell’ambito non dichiarato’.
Dopo l’inglese negli anni ho studiato per qualche tempo diverse altre lingue. Un po’ di francese, di arabo e di cinese. Come è organizzato il linguaggio e un vocabolario minimo per farmi capire in ambiti essenziali, e per capire a grosse linee di cosa stanno parlando delle persone se le sento da lontano. La cosa più interessante è quando incontro qualcuno che mi sente pronunciare delle frasi in francese, magari per ordinare al ristorante, e mi dice ‘guarda che si dice così. La grammatica corretta per dire questa cosa è in questo modo’.
Il punto è che … non mi interessa. In quell’ambito il francese, o qualsiasi altra lingua, mi interessa esattamente fino al punto da riuscire a farmi capire. Se riesco a farmi servire dal cameriere esattamente quello che ho ordinato, dal mio punto di vista parlo un francese perfetto.
E questo è un livello di competenza che si riesce ad avere in quattro settimane di studio di una lingua, a stare molto larghi. Ma se parlo con la maggior parte delle persone che incontro non si prenderanno il permesso di parlare nella maniera più spontanea, divertita e semplice del mondo ordinando al ristorante usando la grammatica e la pronuncia sbagliata, almeno non prima di aver fatto due o tre anni di corso di lingua. Solo allora si concederanno il permesso di pronunciare poche parole in una lingua straniera.
Molte persone non agiscono prima di sapere come farlo in maniera perfetta. Se non fanno qualcosa al livello che percepiscono come ‘perfetto’, si imbarazzano, si sentono stupidi e cose del genere.
Ma se osservi come impara una lingua un bambino di 16-18 mesi… non parte dalla grammatica, dal vocabolario, dalla struttura del linguaggio e poi lo parla. La grammatica è una costruzione SUCCESSIVA all’espressione. Perchè mai da adulto devi percorrere il percorso all’incontrario?
E dal mio punto di vista tutto si riduce ad una sola semplice idea: devi disimparare ad imparare, e re-imparare ad imparare come è più naturale per gli esseri umani.
P.S. Questo post OVVIAMENTE riguarda solo in minima parte l’apprendimento di una lingua. Riguarda tutto quello che fai nella tua vita. E se vuoi imparare ad imparare, di nuovo, ti invito a partecipare al corso ReSonance del 14 luglio a Roma
Molto interessante!
condivido Simone!!, quello che tu esprimi, è la sintesi del percorso delle esperienze e della forza che esse generano.
E’ esattamente quello che spiego ai ragazzi quando parlo delle validità o meno di un metodo di studio. Molto spesso si tende a sottovalutare l’efficacia di certe modalità di apprendimento solamente perchè “nuove” o non unanimamente riconosciute come tali. Eppure quotidianamente il nostro cervello apprende informazioni anche senza che ce ne accorgiamo o lo vogliamo…Gli esperimenti dei bambini li definiamo “GIOCARE” . Una volta si credeva che i neonati e i bambini piccoli fossero a malapena coscienti se non del tutto incoscienti .
In realtà credo che sia l’esatto contrario! Credo che i neonati e i bambini sono in realtà più coscienti di noi adulti.
Sono completamente d’accordo e ho potuto constatare la differenza passando dall’insegnamento alla formazione. Nelle scuole e spesso anche nelle università gli studenti si trovano a studiare cose di cui non hanno esperienza pratica e per questo, per loro, ogni nozione è una nozione come l’altra. Ma noi non siamo dei recipienti da riempire di sapere, per poi irroral
non posso che sentirmi allineata con un concetto così illuministico, ma soprattutto mi consolo perchè alla luce di questo posso dire che non è colpa di mio figlio se è stato bocciato a scuola, è il passaggio di nozioni e competenze che non è avvenuto nel modo corretto e coinvolgente…….un po’ scherzo, ma non troppo!