Oggi voglio svelarti quello che penso sia il più grande ‘ovvio elusivo’ di come si migliora.
Ho voluto scrivere questo articolo perché troppo spesso vedo persone con ottime intenzioni che spendono i loro soldini risparmiati con fatica con la prospettiva di avviare una nuova professione nel Coaching o nella formazione in percorsi che però alla fine non le porteranno nella direzione attesa.
Il ‘segreto’ è semplice da leggere, ma è per molti difficile – purtroppo – da comprendere.
Ed è questo:
Una cosa è come pensi che si ottengano i risultati.
Un’altra cosa è come le persone che naturalmente generano le performance riescono a farlo.
Perché vedi:
una cosa è pensare di migliorare sè stessi con il coaching motivazionale ‘credendoci forte’ o ‘gettando il cuore oltre l’ostacolo’ o con la motivazione. O ancora peggio, come fanno alcuni, camminando sui carboni ardenti o correndo una maratona o lanciandosi nel vuoto da un palo di 30 metri. (ma i pali di 30 metri li costruiscono apposta per persone che vanno ai corsi motivazionali?).
Un’altra cosa è comprendere che la differenza tra i risultati normali ed i risultati eccezionali dipende esclusivamente da fattori molto più sottili e dal sapere accedere ad una configurazione soma-semantica in cui hai una chiarezza enorme ‘sotto la pelle’ riguardo le singole azioni che devi fare per ottenere ciò che vuoi e soprattutto da cui queste azioni sgorgano da te in maniera spontanea.
Buttarsi giù dai pali di 30 metri può darti un po’ di adrenalina e la consapevolezza che – con un branco di esaltati che ti spingeva – hai fatto qualcosa che non avresti mai fatto prima. E va anche bene.
Ma questo non ha NIENTE a che vedere con la capacità di generare decisioni ed azioni nuove una volta tornato a casa.
Anzi, al contrario, creerà spesso un’enorme frustrazione perché crea una illusione di potere e capacità in contesti che NIENTE hanno a che fare con la realtà personale e professionale in cui DEVI generare performance.
Insomma andare ad un corso motivazionale è come quando da bambino si guarda il giro d’Italia e dopo l’arrivo della tappa si scende in cortile con la propria biciclettina e si immagina di essere Nibali.
Solo che comunque vai a 10 all’ora, non a 50.
Per un bambino è ottimo che giochi in questo modo.
Ma ha senso farlo ancora a 30, 40, 50 anni?
Io lascio il coaching motivazionale ed i pali da 30 metri a chi crede che ‘credendoci forte’ si migliorino le proprie performance.
E invece lavoro con il secondo approccio, il ReSonance, perché è quello che se sai usarlo genera un miglioramento REALE per il 100% delle persone.
100%.
Certo il ReSonance non è un approccio che può andare bene per tutti, se non per il fatto che non si presta ad essere utilizzato per fare le famose ‘ammucchiate motivazionali’ dei tipici corsi di sviluppo personale in cui salti e balli mentre qualcuno ti fa credere che alla fine tornerai a casa e sarai diverso.
Ma il ReSonance è sicuramente per chi vuole sperimentare risultati che non ha mai sperimentato prima, da subito.
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