Qualsiasi nuova tecnica di comunicazione, o di miglioramento personale, di management o per la performance di un gruppo promette di farti ottenere più risultati, di farti comunicare meglio, di renderti più efficace.
Questo è vero soprattutto quando parliamo di tecniche che riguardano il miglioramento delle altre persone: tecniche di comunicazione appunto, ma anche di Coaching, tecniche per sviluppare la leadership, o per migliorare i risultati di un gruppo… o per costruire un gruppo.
Ed all’inizio le tecniche funzionano: quando impari il trucco per rispondere in un certo modo alle persone che ti pongono un’obiezione, o ad usare quell’altro stratagemma per ‘sbloccare’ quella situazione all’interno di un gruppo… in quel momento può sembrarti di aver trovato la risposta definitiva a quel problema.
Ma il risultato quasi mai è duraturo: molto spesso infatti le tecniche che sembrano efficaci all’inizio si rivelano come degli strumenti per allontanare da te invece che avvicinarle. Ed uno dei motivi per cui questo accade è che poco dopo iniziano a percepirle come manipolative.
Il fatto è che una tecnica – qualsiasi tecnica – perde la sua forza quando inizia ad essere percepita come una tecnica.
Ed infatti dopo un po’ che le usi con loro le persone iniziano a dire cose come ‘non usare con me le tue solite tecniche’ ‘con me non funziona’ ‘so cosa stai facendo’. E cose del genere.
Ci sono due aspetti che dal punto di vista della comunicazione e del cambiamento secondo me andrebbero tenute sempre presenti.
Il primo è che la maggior parte delle tecniche sono efficaci – quando lo sono – perché utilizzate in un preciso contesto che è diverso da quello in cui probabilmente lo userai tu.
Se un manager vuole migliorare i risultati che ottiene e trova il libro (ipotetico) ‘Manager migliore’ ascoltando i tuoi collaboratori’ in cui impara la ‘tecnica dell’ascolto’ ed inizia ad usarla con i propri collaboratori in un contesto in cui nessuno dava mai retta a queste persone… è OVVIO che ALL’INIZIO otterrà un effetto pazzesco in termini di attenzione e di risposte da parte delle persone nel proprio gruppo.
Ma se il manager in questione è una persona che già utilizza naturalmente questo tipo di ascolto ed aveva instaurato questo tipo di relazione con il proprio gruppo…. e nonostante questo sono sorti o permangono dei problemi… la ‘tecnica’ non servirà assolutamente a niente perchè non introduce una differenza con quello che già avviene per loro.
L’altro aspetto è che una tecnica è sempre utilizzata da una persona, ed a funzionare è la persona, non la tecnica.
E’ quella che nel ReSonance chiamo la differenza tra struttura e funzione.
La funzione è quello che fai, la struttura è la specifica configurazione da cui compi quelle azioni e dici quelle cose.
Il tempo che passiamo nel ReSonance è speso per la maggior parte a permettere alle persone di organizzarsi internamente ed esternamente nello specifico modo in cui hanno la chiara percezione di CHI SONO… e di chi stanno diventando. Di chi sono quando liberi di esprimersi e di sperimentare la vita senza percepire le limitazioni che altri hanno imposto o deciso per loro…
E poi ad insegnargli come replicare questa configurazione volontariamente per operare sempre da lì.
Riesci a percepire la differenza che c’è tra una persona che … non so… utilizza una tecnica di negoziazione letta su un libro (magari imparata benissimo) ed una persona che è perfettamente sicura di sè perchè si è seduto al tavolo da una posizione inattaccabile e da lì parla con le altre persone?
Tra un imprenditore che prende delle decisioni azzardate perchè deve dimostrare di essere più bravo dei propri ‘avversari’ ed uno che ha delle intuizioni apparentemente strampalate ma che si rivelano giuste grazie alla sua visione?
Quando parlo di configurazione parlo di configurazione a partire dalla quale operi.
Parlo di un allineamento interno, specifico ed unico per ciascuno, che ogni individuo ha già al suo interno e da cui può re-imparare a funzionare.
La configurazione è la risultante di come sei organizzato in relazione a tutto il tuo sistema in un dato momento… neurologicamente, fisicamente, somaticamente.
In sostanza la tua configurazione di performance è CHI SEI quando funzioni nel miglior modo possibile… che rappresenta la tua ontologia.
E da qui – quando hai ben chiaro CHI SEI – quello che fai e le tecniche che utilizzi può cambiare in relazione al contesto in cui sei.
Non sei più costretto ad usare ‘quella tecnica’ che ha funzionato per altri, o che hai letto su un libro… o che magari ha funzionato per te una volta.
Hai invece la prontezza e la capacità per capire qual è la migliore cosa che puoi fare… con la certezza che funzionerà… nel contesto in cui sei adesso… continuando ad essere pronto, e fluido… e capace di operare in relazione a quello che è presente e che è una sfida per te.
Se vuoi vedere in azione queste idee ci vediamo a gennaio per il corso Viaggio nella Performance
>>Iscriviti a Viaggio nella Performance
Scrivi un commento