Nonostante in Italia ci siano decine di migliaia di coach, la tecnologia del coaching e l’industria del coaching sono ancora ad un livello molto immaturo.
E ci sono anche moltissime ‘mitologie’ sul coaching e sui coach che – semplicemente – nel mondo reale di chi fa coaching e per lo meno vive solo facendo – non funzionano.
Una di queste mitologie è che il coaching deve essere totalmente non direttivo, cioè che il coach non deve dire MAI al proprio cliente o dare suggerimenti espliciti su cosa fare e come farlo.
Questo perchè, secondo alcuni, il coaching parte dal presupposto per cui il cliente è ‘naturalmente creativo e pieno di risorse’, ‘quello su cui lavorare lo decide il cliente’… ‘la relazione di coaching è una alleanza’… e così via.
Nel mondo reale questa è una mitologia. Semplicemente, non funziona.
La mia idea, basata su anni di esperienza, è che se il cliente avesse già tutte le risorse probabilmente le avrebbe già tirate fuori e non avrebbe bisogno di un coach e di niente di quello che ci assomiglia.
Non si tratta di lavorare con un ‘cliente che ha problemi’ o ‘da sistemare’. Quelli ad un Coach professionista non interessano. E’ solo che ci sono due aspetti fondamentali che determinano i risultati che ottengono le persone… Una di queste è la struttura – come si organizza internamente per generare certi risultati – l’altro è la funzione: cosa fa, come lo fa, i passi precisi che segue per ottenere quei risultati.
Possono esserci clienti perfettamente ‘sani’ – che ovviamente non hanno nessun tipo di ‘problema’ – e che fino ad allora nel loro contesto erano soddisfatti e contenti – e che ad un certo punto decidono di voler generare un tipo di risultati diversi.
E in quel momento non hanno semplicemente le risorse per ottenerli. Perché sono cose che non hanno mai visto come si fanno, non hanno la struttura necessaria per sostenere quel tipo di performance e per continuare a farlo in maniera continua. E’ inutile cercare di lavorare sulle loro risorse: non ce le hanno – per quel tipo di cose nuove che vogliono fare – altrimenti lo avrebbero già fatto.
Compito del coach è portarli a costruire quella struttura, e poi fargli vedere – se serve – ANCHE la parte funzionale e di ‘implementazione’ che serve per permettergli di arrivare dove vogliono.
E può fare questo mantenendo comunque indipendenza di giudizio e di comportamento.
Ci sono molte situazioni in cui il coach per essere efficace DEVE essere direttivo – perchè sa di cosa sta parlando e perché il cliente glie lo sta implicitamente chiedendo.
Uno dei motivi – il principale – per cui un cliente paga un coach – è che vuole arrivare più velocemente dove vuole. In meno tempo. Più facilmente. Con meno sforzi. Con meno tempi morti.
E’ ovvio che in certe situazioni è meglio per il cliente arrivare da solo alle proprie risposte. Ma quello che ho riscontrato essere vero – quando lavori con persone di valore che hanno deciso di pagarti per quello che fai – è che quello che LORO vogliono da un coach è che gli fornisca le strategie e le soluzioni che funzionano bene per loro nell’esatto contesto in cui sono.
I clienti A VOLTE ti pagano ANCHE per le tue opinioni, il tuo punto di vista, il tuo supporto e per la tua esperienza.
Un sacco di coach fanno tante domande, anzi tante ‘domande potenti’ che dovrebbero far accedere le persone alle loro risorse… e questo sono quasi unicamente quello che fanno. Ma questo nel mondo reale a volte non funziona. La maggior parte dei clienti vuole conoscere il tuo punto di vista, le tue osservazioni, le tue esperienze e soluzioni e cosa ne pensi su quello che stanno vivendo loro in quel momento.
Fargli le ‘domande potenti’ quando quello che vogliono sono soluzioni non farebbe che indisporli. Ma questo è quello che fanno la maggior parte dei coach.
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