Per creare qualcosa, per realizzare un progetto o anche ‘solo’ per eseguire una performance serve immaginazione.
Quando inizi a fare qualcosa, sei esattamente nel punto del massimo potenziale. Se sei un pittore, il potenziale che potrai mai esprimere non è mai stato più alto del momento in cui non hai ancora dato la prima pennellata.
Ma man mano che dipingi, la tecnica e il mestiere prendono il sopravvento, e l’immaginazione diventa uno strumento meno importante, e sicuramente non indispensabile.
Una performance – di un artista o no – cresce quando diventa specifica.
Nel momento in cui un attore interpreta un personaggio e racconta una storia, parola dopo parola inizia a separare quello che racconta da una moltitudine di altre, inimmaginabili, storie. E per l’ora e mezza in cui è sullo schermo ogni parola, ogni gesto, ogni inflessione della voce devono relazionarsi con tutto quello che ha fatto prima. La parte più importante è la prima scena. Tutto quello che segue, è una conseguenza della prima scena. E quando ha pronunciato la seconda, tutte le altre opzioni non esistono più. Ha ristretto la gamma delle possibilità e deve solo raccontare la storia.
Ed è così per ogni performance, artistica o meno. Le prime pennellate su una tela possono essere quelle di un milione di quadri diversi… le ultime non possono andare in nessun’altra direzione. Lo sviluppo di una performance immaginata che diventa una performance reale è in realtà una progressione di possibilità che diminuiscono. Ciascun singolo pezzo di performance, ciascun movimento, nota o decisione che prendi fa diventare una sola possibilità realtà.
Alla fine la performance è perfetta, quando non puoi aggiungerci altro.
Ma il momento in cui l’hai finita è quella in cui perdi qualcosa. Perdi tutte le altre performance di cui quella che hai immaginato ha preso il posto.
E quello che succede è che quando esegui una performance – ripeto, di qualsiasi tipo – immagini tutte le altre versioni di quella performance che potresti eseguire.
Tutte le diverse interpretazioni che potresti dare a quel personaggio, tutte le possibili scale che potresti suonare su quell’accordo, tutte le ALTRE decisioni che potresti prendere nel tuo business…
Ma non oggi. Tutto quello su cui puoi lavorare oggi è quella singola performance, ed è di fronte a te.
Una performance perfetta è una performance a cui non puoi aggiungere più niente. E le difficoltà che le persone incontrano normalmente per generare performance perfette non trovano la loro ragione in una esecuzione disordinata o non disciplinata… ma in una immaginazione disordinata e non disciplinata. La performance che hai in mente è sempre perfetta. Le resistenze iniziano quando provi a convertirla in linguaggio, movimenti, note.
Molti passano intere giornate a fantasticare sulle bellissime performance che farebbero. Chi, artista, non ha sperimentato l’emozione di vedere già nella propria mente le fotografie che scatterebbe, o il film, o di ascoltare la musica che vuole comporre e poi ci ha messo anni di prove per tradurla in qualcosa di perfetto, di finito?.
Ed il punto non sta nel fatto che è la trasformazione ad essere lenta, ma piuttosto che è l’immaginazione ad essere veloce.
Alla prossima!
Lascia un commento