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Io e Lorenzo abbiamo deciso di fare una puntata del podcast su questo argomento…
Nel frattempo, se vuole, lo invito ad iniziare a risponderti qui!S
Bravi: bell’idea !Grazie Lorenzo: molto interessante (anche la tua risposta alla mia condivisione).
Ciao Simone,in breve sì, soprattutto quelli orientati alla comunicazione.
L’uso di chunk a livello didattico è alla base del cosiddetto Approccio Lessicale (Lexical Approach) sviluppato da Lewis nei primi anni 90, che sopravvive con diverse modifiche in svariate modalità didattiche, ed è anche alla base di alcuni processi di machine translation.L’intervallo e la modifica a cui fai riferimento invece, hanno a che fare con due principi:
– Il cosiddetto Spaced Repetition System, o ripetizione dilazionata: derivato dai primi lavori di Pimsleur (i cui corsi se non sbaglio hai già provato) ed è ormai alla base di buona parte degli algoritmi di retrieval practice.
– La Teoria del carico cognitivo (Cognitive Load) e quella dei Narrows Limits of Change che indicano i pochi cambiamenti gestibili volta per volta dal nostro sistema cognitivo.Questi accenni “accarezzano” la parte analitica a curiosa di me, a questo punto (conscio del fatto che la risposta a questa domanda potrebbe generare un corso o una SNC o… ) chiedo: a livello PRATICO cosa conviene fare per imparare velocemente una lingua (o altra abilità) ?
come avete fatto da adulti ad imparare una nuova lingua che non conoscevate?
Cosa ha funzionato particolarmente bene per voi?
Cosa non ha funzionato?
Avete usato più sistemi/corsi o uno solo ‘eterodiretto’ (una scuola, un insegnante che dettava lui i tempi e i modi)Belle domande e non so cosa rispondere, quindi credo che questo post serva più a me (come autoriflessione), che ad aggiungere qualcosa di utile alla discussione (o forse anche no).
Sono nato in Germania da famiglia completamente tedesca e mi sono trasferito a Venezia quando avevo 8 anni ed ho dovuto imparare una lingua per forza di cose. Conoscevo alcuni vocaboli e qualche frase, perchè ero venuto a Venezia in precedenza per vacanze assieme ai miei genitori.
Quindi per l’acquisizione dell’italiano, non avevo scampo: vivevo in Italia, frequentavo la seconda elementare, i miei amici parlavano solo italiano, ho avuto un’insegnante delle elementari che mi ha seguito (ricordo ancora il mio primo giorno di scuola in Italia, il giorno dopo la Befana in seconda elementare 🙂 )
Da notare invece la lungimiranza di mia madre che ci ha imposto in casa di continuare a parlare solo il tedesco (nonostante vivessimo in Italia)
Altra lungimiranza di mia madre: mi ha iscritto all’Oxford School quando ero alle elementari. Oggigiorno sembra una cosa normale, ma negli anni ’80 non lo era affatto. Infatti ero lo studente più giovane e non a caso arrivavo regolarmente in ritardo a lezione, perchè per arrivare all’Oxford School dovevo attraversare il campo dove i miei amici giocavano a calcio 😉
La cosa che mi sorprende delle lingue è che io so parlare discretamente 3 lingue, ma non so niente delle loro grammatiche: io parlo (diciamo con alcune differenze tra queste 3 lingue) in modo abbastanza corretto e decido come mettere le frasi… “ad orecchio”
Sì, per esempio quando mia figlia studiava tedesco e mi chiedeva consiglio su alcune traduzioni, io non sapevo rispondere sul perchè amio avviso fosse più corretto un modo rispetto ad un altro. Le spiegavo che mi veniva da dire così.
Ma alla fine è così anche per l’italiano, di cui ho studiato approfonditamente la grammatica a scuola, ma non ne ricordo niente. Quando mia figlia in questi anni ha fatto l’analisi grammaticale e logica, mi sono accorto di non ricordare gran che e di sicuro non ci penso, mentre dico una frase o scrivo un messaggio. Quindi una delle domande che mi pongo è: ma serve studiare la grammatica per imparare una lingua ?
Poi dovremmo anche chiarirci sull’obiettivo, perchè se a me interessa comunicare (chennesò, perchè voglio comunicare con dei colleghi stranieri su argomenti tecnici) è una cosa, se voglio cogliere le sfumature letterarie o filosofiche in una lingua straniera, allora è un’altra.
Dopo l’Oxford School alle elementari (compreso vacanza studio in una famiglia inglese che parlava solo inglese e a quei tempi non esistevano smartphones 🙂 ) e alle medie, non ho più studiato inglese (alle superiori ho fatto tedesco, perchè mia madre voleva che imparassi la grammatica, peccato che io non avevo voglia di studiarla e vivevo di rendita andando “a orecchio”), ma dall’università in poi ho iniziato a bazzicare su internet (’91) ed ho sempre letto e scritto molto in inglese, seguendo i miei hobby del momento. Da un certo punto in poi si sono aggiunti gli audio (podcast) e i video e videocorsi.
3 anni fa l’azienda per cui lavoro, mi ha messo a disposizione una insegnante madrelingua per migliorare il mio inglese. Le hai capito che vado ad orecchio e siccome sbagliavo la terza persona, me la faceva ripetere diverse volte velocemente, affinchè mi rimasse in testa il suono, la sequenza.
Ha usato anche un buon blend di conversazione, mi lasciava parlare di ciò che mi piaceva ed appassionava, e di situazioni e modi di dire che mi sarebbero potute servire nel mio ruolo.
Un’altra considerazione è (magari per qualcuno ovvia) che per me le lingue sono come qualsiasi altra abilità fisica: se non la uso, essa (come un muscolo) si atrofizza, ma quando poi la ri-uso o alleno, l’abilità torna.
Come detto in precedenza, alle superiori (liceo scientifico) ho fatto 5 anni di tedesco, a parte gli anni di grammatica in cui ho dormito, gli ultimi 2 di letteratura mi sono piaciuti un sacco e mi hanno aiutato ad espandere il mio vocabolario. Quindi a quell’età parlavo bene il tedesco.
Poi c’è stato il periodo dell’università (in cui tra l’altro ho vissuto fuori casa e quindi non parlava più tedesco, nemmeno con mia madre) e mi sono accorto che quando mi capitava quelle rare volte di parlare tedesco, facevo fatica, non mi venivano in mente i vocaboli o i modi di dire…
Quando ho iniziato a lavorare, ho lavorato in Italia per una ditta tedesca ed ho ripreso a parlare tedesco per la maggior parte della giornata. Il tedesco è tornato fluido ed ho anche acquisito una grossa parte di lessico tecnico a me sconosciuto fino allora.
Voglio imparare: cosa mi sono perso?
In inglese (forse è per questo che mi sono perso un pezzo 🙂 )
Forse non apprezzo la politica di mettere a prezzo pieno tutto per gli early adopter, ma sono americani 😉 non ci si può aspettare tanta delicatezza.
Concordo.
Aggiungo che pensando un pò oltre: magari costruisco tutto il mio database/scibile/second brain e poi questi signori di punto in bianco fra uno o X anni decidono che il prodotto, anzichè costare 15$/mese, improvvisamente costa 50$/mese (o che per esempio te lo facciano pagare a dimensione del database).
Per essere onesti anche Evernote potrebbe farlo, ma ha sempre avuto la decenza di avere un tier che sia free.
Perciò una domanda che mi pongo è: quale è la strategia di uscita ?
Cioè nel caso che ROAM perda la testa ed uno degli scenari di cui sopra diventi realtà, posso esportare il database (mi pare si possa in JSON e in Markdown) e riutilizzarlo con qualche altro tool ?
Per ora non so, ma con la popolarità che si sta guadagnando ROAM in futuro, magari anche sì.
Un amico straordinario con Tom Hanks
Quello che mi è rimasto dalla visione di questo film è come le storie siano un elemento fondamentale per l’uomo, al pari di un posto sicuro, cibo e della compagnia di altri umani.
E questo non solo per i bambini (il Fred Rogers è il presentatore di una trasmissione TV per i bambini negli anni 70 e 80), ma anche per gli adulti, perchè sono proprio le storie che trasformano la vita del giornalista che deve andare ad intervistare Fred Rogers.
Attraverso le storie Fred riesce a far capire concetti complicati o delicati (come per esempio la morte) anche ai bambini.
Verso la fine, quando il padre del giornalista sta morendo, Fred racconta quanto sia importante parlare: questi ci tiene in relazione e ci permettere di affrontare anche le cose più difficili. Il linguaggio, la comunicazione ci aiuta a creare la nostra realtà, a volte anche dare un senso alla nostra realtà.
Di questo film mi sono portato via anche l’importanza dell’attenzione, della qualità dell’attenzione che mettiamo nelle nostre relazioni, alla persona che sta davanti a noi. Di vederla veramente e di apprezzarla così come è. E’ un’esperienza che richiede tempo (nel senso che in quel momento diventa l’unica cosa al mondo che esiste e il tempo e gli impegni che avevi, come registrare la puntata che è in ritardo di un’ora, diventa tutto secondario).
Ho conosciuto una persona simile a Fred Rogers, capace di farti sentire accettato, capito, visto ed amato.
Ecco i miei takeaways dalla visione di ARRIVAL con Amy Adams ( mi pare esista un altro film con lo stesso identico titolo)
I concetti per me fondamentali sono 2.
Il linguaggio influenza come pensi e come interpreti la realtà (i nostri filtri congitivi). E’ in grado di creare la realtà stessa.
Il linguaggio è talmente potente che può essere un’arma, ma come tutti gli strumenti dipende dall’uso che ne fai.
Poi l’aspetto della non linearità: gli alieni sono in grado di pensare e percepire il tempo in modo non lineare, e Louise (la protagosnista) inizia a percepire il futuro a sprazzi, in sequenza non lineare, parallelamente alla sua aquisizione del modo di comunicare degli alieni.
Altri spunti:
– Luoise ha iniziato il suo dialogo con il creare prima una relazione ed è partita dall’identità, da chi era lei e chi sono loro.
– per creare una relazione è necessario correre un rischio e mettersi a nudo (Lousie l’ha fatto fisicamente, togliendosi la tuta protettiva che non lasciava trasparire ben poco dell’aspetto umano di lei).
– le metriche giuste: a volte mettiamo in piedi sistemi sofisticatissimi di monitoraggio, quando basta un banale canarino per capire se la situazione è pericolosa o sicura
– affinchè una relazione rimanga in piedi, devi continuare a rimanere nella relazione, a farti vedere, a comunicare, far capire che ci tieni, soprattutto se ci sono dei problemi o delle incomprensioni
– Ian (lo scienzato che accompagna Louise) per decifrare un messaggio particolarmente complesso lanciato dagli alieni, anzichè concentrarsi sui segni, si è concentrato sullo spazio tra i segni. A volte il NON detto, dice molto di più del contenuto del messaggio.
– Per chi si ricorda la pubblicità della Telecom con Massimo Lopez (di qualche anno fa): una telefonata ti allunga la vita ! 🙂
Verso la fine Louise (che ormai sa quale sarà il futuro e cosa le accadrà), chiede ad Ian “Se conoscessi la tua vita dall’inizio alla fine, la vorresti vivere lo stesso ?”
Al che, Ian risponde “Non so, ma direi più spesso ciò che provo”
L’esperienze che viviamo non sono solo una serie di eventi (un set di informazioni), ma anche le emozioni che compongono quell’esperienza e il senso che ne traiamo e la persona che diventiamo in conseguenza di quel senso che diamo a quella esperienza.
Infine Ian dice a Louise “Ho guardato le stelle per la maggior parte della mia vita, ma ciò che mi ha sorpreso di più non è stato incontrare gli alieni, ma aver incontrato te”
Il bello della vita è vivere le esperienze, le emozioni, cogliere, notare, essere veramente dentro alla nostra esperienza: il miracolo, le cose belle, sono attorno a noi, non lontano, non QUANDO X, ALLORA Y
Il film mi è piaciuto un sacco. Grazie per il consiglio Simone.
Ciao Simone,
ROAM non è più free: ora costa 15$/mese (non sono bruscolini)
Tu che sei un early adopter, hai ancora l’account gratuito o hanno passato a pagamento pure te ?
Ieri sera ho visto “Un amico straordinario” con Tom Hanks e mi è piaciuto molto.
Cosa intendi ?
me spiegheresti meglio ?
“Da uomini a dei” di Yuval Harari
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