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Taggato: imparare una lingua
- Questo topic ha 17 risposte, 6 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 2 anni, 4 mesi fa da
Simone.
- AutorePost
- Dicembre 29, 2020 alle 12:32 pm #337
Come apprendere una lingua?
Mi interessa molto il tema ‘apprendimento di una lingua’ perché è una delle forme di performance cognitiva e comportamentale più pura a cui posso pensare.
– è un tipo di performance facilmente misurabile dal punto di vista dei progressi che fai: non puoi mentire
– include una serie di abilità (lettura, scrittura, comprensione orale, parlare) molto complesse e diverse tra loro
– richiede l’uso di memoria uditiva e visiva per ricordare i vocaboli e richiede la comprensione delle strutture del linguaggio (tempi, modi, costruzione delle frasi).
– Una lingua è un sistema ‘wholeform’ e poco lineare… per quanto tu provi a dividerlo in una serie di processi lineari saper interagire in una conversazione è una abilità che non puoi suddividere più di tanto
Insomma imparare una nuova lingua è una attività di performance TOTALE.
Certo oggi è molto più semplice rispetto al passato: esistono metodi che facilitano l’apprendimento replicando il modo in cui la nostra mente apprende, ma non esiste una ricetta unica valida per tutti.
Per questo la domanda che vi faccio e su cui poi lavoreremo un po’ è:
come avete fatto da adulti ad imparare una nuova lingua che non conoscevate?
Cosa ha funzionato particolarmente bene per voi?
Cosa non ha funzionato?
Avete usato più sistemi/corsi o uno solo ‘eterodiretto’ (una scuola, un insegnante che dettava lui i tempi e i modi)Insomma… sono davvero interessato a saperne di più.
E poi magari aspetto anche l’intervento di qualche esperto che ci dica la sua.
Simone
- Dicembre 29, 2020 alle 9:41 pm #338
Particolarmente interessante per me che ho fattoun paio di tentativi in momenti diversi negli ultimi 2 anni. Tentativi che mi hanno portato ad elevare il livello ma di pochissimo data., secondo me, la mancanza di continuità…
Mi stavo proprio chiedendo in questi giorni se non avessi sbagliato anche il metodo: un”app giornaliera e un incontro ogni 10 giorni con una madrelingua.
- Dicembre 30, 2020 alle 11:09 am #339
Ciao Lucia!
Secondo me c’è questo: uno dei pezzi più importanti è capire perché vuoi imparare una lingua e cosa vuoi farci.
l’altra cosa è stabilire quale è il livello sufficiente per te di apprendimento. Sapendo che la perfezione in questo campo non esiste capire e che funziona molto di più il principio ‘enough is enough’. Qual è il tuo ‘abbastanza buono’ da poterti permettere di andare avanti e usare la lingua.
Che lingua era ?
Quale app hai usato ?
Simone
- Dicembre 30, 2020 alle 6:21 pm #342
L”app duolingo. Voglio giungere a parlare in maniera disinvolta quando sono all”estero e leggere testi in inglese e comprendere durante seminari/convegni i colleghi stranieri.
- Dicembre 30, 2020 alle 11:55 am #340
<p class=”p1″>Il metodo è stato con incontri telefonici giornalieri con tre diversi insegnanti madrelingua inglese, mi chiamavano da New York, dal South Africa e da Londra, della durata di 40 minuti circa. Gli orari ed i giorni a settimana venivano scelti da me sulla base di un calendario con indicata la disponibilità dei teachers. Quotidianamente ricevevo, via mail, una flash lesson e avevo a disposizione una piattaforma on line dove poter svolgere esercitazioni e compiti. Ho predisposto la TV in lingua inglese, ho letto testi in inglese e ho seguito e visto film esclusivamente in inglese. Durante i viaggi all’estero ho parlato sempre in inglese anche a costo di sbagliare. La costanza ed il tempo dedicato sono stati fondamentali. Gli incontri telefonici quotidiani con teachers madre lingua sono stati utilissimi, mi permettevano di connettermi a nuovi suoni e modi di dire che, quasi senza neanche accorgermene, iniziavano a far parte della mia giornata. Ho seguito questo metodo per alcuni anni, in modo più o meno costante. Il livello raggiunto è buono per quello che mi è utile e necessario durante i viaggi all’estero. </p>
- Dicembre 30, 2020 alle 6:06 pm #341
Ciao Simone,
con un tema così vicino ai miei interessi professionali non potevo non commentare.
Concordo con il tuo commento iniziale: non a caso, , Alexander Arguelles uno dei più grandi poliglotti in vita (per darvi un’idea, comprende a diverso livello una cinquantina di lingue l’ultima volta che ho controllato) ha definito l’apprendimento di una lingua come una forma avanzata di esercizio mentale e di auto-disciplina.
Ma non solo: è una forma di autoconoscenza – ”una finestra sulla natura umana” direbbe Pinker – e di conoscenza dell’altro-da-sé, i cui benefici psicofisici si estendono ben al di là della semplice cultura generale o possibile avanzamento professionale.
Aggiungere qui alcuni aspetti, molti dei quali li vedo in linea con molti principi del ReSonance:
- è una pratica democratica: esclusi danni neurologici o gravi carenze, la capacità di imparare più lingue fa parte della nostro birthright, del nostro diritto di nascita come esseri umani. Il mito del talento delle lingue è, appunto, uno dei tanti neuromiti che girano nel mondo della formazione. E sono tra l’altro i poliglotti più affermati che candidamente lo confessano.
- è una pratica controintuitiva: i processi mentali che ci hanno reso brillanti nella nostra professione non sono quelli che determineranno il nostro eventuale successo nelle lingue – come uso ripetere spesso ai miei studenti, la res linguistica opera con regole diverse dalla res cogitans. Scoprire quali sono i ‘muscoli linguistici’ da esercitare (l’ovvio elusivo mi verrebbe quasi da dire) è parte integrante del successo.
- è una pratica trasformativa: in quanto parte integrante, oserei dire viscerale della nostra identità, imbatta giocoforza sul modo di pensare, di essere, di rapportarsi, integra parti di noi che esistevano solo in nuce ma non avevano trovato ancora una lingua con cui esprimersi – vedi per esempio i realia. Mi ricordo ancora un professore di russo all’Università di Zurigo che mi raccontava come, per lui, il riappropriarsi della lingua italiana fosse stato un atto terapeutico.
Rispetto al come: principi, metodi, tecniche – beh, ci sarebbe da scrivere per altri dieci post. Non voglio annoiarvi oltre – sono davvero interessato a leggere invece delle vostre esperienze invece, con metodi tradizionali o meno tradizionali.
Un saluto,
Lorenzo
- Dicembre 31, 2020 alle 9:54 am #343
Ciao Lorenzo
bell’intervento, grazie
segnalo anche il tuo articolo su Medium
https://lorenzo-bianchi-articles.medium.com/app-medioevali-94bd86c39f9f
- Dicembre 31, 2020 alle 5:40 pm #344
come avete fatto da adulti ad imparare una nuova lingua che non conoscevate?
Cosa ha funzionato particolarmente bene per voi?
Cosa non ha funzionato?
Avete usato più sistemi/corsi o uno solo ‘eterodiretto’ (una scuola, un insegnante che dettava lui i tempi e i modi)Belle domande e non so cosa rispondere, quindi credo che questo post serva più a me (come autoriflessione), che ad aggiungere qualcosa di utile alla discussione (o forse anche no).
Sono nato in Germania da famiglia completamente tedesca e mi sono trasferito a Venezia quando avevo 8 anni ed ho dovuto imparare una lingua per forza di cose. Conoscevo alcuni vocaboli e qualche frase, perchè ero venuto a Venezia in precedenza per vacanze assieme ai miei genitori.
Quindi per l’acquisizione dell’italiano, non avevo scampo: vivevo in Italia, frequentavo la seconda elementare, i miei amici parlavano solo italiano, ho avuto un’insegnante delle elementari che mi ha seguito (ricordo ancora il mio primo giorno di scuola in Italia, il giorno dopo la Befana in seconda elementare 🙂 )
Da notare invece la lungimiranza di mia madre che ci ha imposto in casa di continuare a parlare solo il tedesco (nonostante vivessimo in Italia)
Altra lungimiranza di mia madre: mi ha iscritto all’Oxford School quando ero alle elementari. Oggigiorno sembra una cosa normale, ma negli anni ’80 non lo era affatto. Infatti ero lo studente più giovane e non a caso arrivavo regolarmente in ritardo a lezione, perchè per arrivare all’Oxford School dovevo attraversare il campo dove i miei amici giocavano a calcio 😉
La cosa che mi sorprende delle lingue è che io so parlare discretamente 3 lingue, ma non so niente delle loro grammatiche: io parlo (diciamo con alcune differenze tra queste 3 lingue) in modo abbastanza corretto e decido come mettere le frasi… “ad orecchio”
Sì, per esempio quando mia figlia studiava tedesco e mi chiedeva consiglio su alcune traduzioni, io non sapevo rispondere sul perchè amio avviso fosse più corretto un modo rispetto ad un altro. Le spiegavo che mi veniva da dire così.
Ma alla fine è così anche per l’italiano, di cui ho studiato approfonditamente la grammatica a scuola, ma non ne ricordo niente. Quando mia figlia in questi anni ha fatto l’analisi grammaticale e logica, mi sono accorto di non ricordare gran che e di sicuro non ci penso, mentre dico una frase o scrivo un messaggio. Quindi una delle domande che mi pongo è: ma serve studiare la grammatica per imparare una lingua ?
Poi dovremmo anche chiarirci sull’obiettivo, perchè se a me interessa comunicare (chennesò, perchè voglio comunicare con dei colleghi stranieri su argomenti tecnici) è una cosa, se voglio cogliere le sfumature letterarie o filosofiche in una lingua straniera, allora è un’altra.
Dopo l’Oxford School alle elementari (compreso vacanza studio in una famiglia inglese che parlava solo inglese e a quei tempi non esistevano smartphones 🙂 ) e alle medie, non ho più studiato inglese (alle superiori ho fatto tedesco, perchè mia madre voleva che imparassi la grammatica, peccato che io non avevo voglia di studiarla e vivevo di rendita andando “a orecchio”), ma dall’università in poi ho iniziato a bazzicare su internet (’91) ed ho sempre letto e scritto molto in inglese, seguendo i miei hobby del momento. Da un certo punto in poi si sono aggiunti gli audio (podcast) e i video e videocorsi.
3 anni fa l’azienda per cui lavoro, mi ha messo a disposizione una insegnante madrelingua per migliorare il mio inglese. Le hai capito che vado ad orecchio e siccome sbagliavo la terza persona, me la faceva ripetere diverse volte velocemente, affinchè mi rimasse in testa il suono, la sequenza.
Ha usato anche un buon blend di conversazione, mi lasciava parlare di ciò che mi piaceva ed appassionava, e di situazioni e modi di dire che mi sarebbero potute servire nel mio ruolo.
Un’altra considerazione è (magari per qualcuno ovvia) che per me le lingue sono come qualsiasi altra abilità fisica: se non la uso, essa (come un muscolo) si atrofizza, ma quando poi la ri-uso o alleno, l’abilità torna.
Come detto in precedenza, alle superiori (liceo scientifico) ho fatto 5 anni di tedesco, a parte gli anni di grammatica in cui ho dormito, gli ultimi 2 di letteratura mi sono piaciuti un sacco e mi hanno aiutato ad espandere il mio vocabolario. Quindi a quell’età parlavo bene il tedesco.
Poi c’è stato il periodo dell’università (in cui tra l’altro ho vissuto fuori casa e quindi non parlava più tedesco, nemmeno con mia madre) e mi sono accorto che quando mi capitava quelle rare volte di parlare tedesco, facevo fatica, non mi venivano in mente i vocaboli o i modi di dire…
Quando ho iniziato a lavorare, ho lavorato in Italia per una ditta tedesca ed ho ripreso a parlare tedesco per la maggior parte della giornata. Il tedesco è tornato fluido ed ho anche acquisito una grossa parte di lessico tecnico a me sconosciuto fino allora.
- Gennaio 1, 2021 alle 1:00 pm #345
Buongiorno e Buon Anno a tutti!
Grazie in particolar modo ad Alexander per la sua condivisione: persone che come lui sono cresciute parzialmente o totalmente bilingue sono un ottimo esempio di come funziona l’apprendimento di una lingua.
Prendo spunti da alcuni estratti del suo post per sottolineare alcuni aspetti chiave:
>>Sì, per esempio quando mia figlia studiava tedesco e mi chiedeva consiglio su alcune traduzioni, io non sapevo rispondere sul perchè a mio avviso fosse più corretto un modo rispetto ad un altro. Le spiegavo che mi veniva da dire così.
>>Ma alla fine è così anche per l’italiano, di cui ho studiato approfonditamente la grammatica a scuola, ma non ne ricordo niente. Quando mia figlia in questi anni ha fatto l’analisi grammaticale e logica, mi sono accorto di non ricordare gran che e di sicuro non ci penso, mentre dico una frase o scrivo un messaggio.
Questa è la differenza tra le competenze dichiarative (saper spiegare ‘come’ funziona qualcosa) e quelle procedurali (sapere effettivamente fare quelle cose in modo corretto). Le uno non sono precondizione delle altre. Puoi parlare una lingua benissimo senza sapere come, e puoi sapere in teoria ‘come’ funziona una lingua senza saperla parlare necessariamente bene.
Provate se vi va a fare questo piccolo esperimento: prendete un testo in una lingua straniera, possibilmente abbastanza lungo, e buttatelo in pasto ad un traduttore automatico. Poi dategli una scorsa. Guardate in quanto poco tempo vi accorgete che qualcosa non quadra. Probabilmente in qualche frazione di secondo dopo aver letto una frase incriminata. Questa è la velocità vostra sensibilità linguistica. Ora chiedetevi cosa c’è effettivamente di sbagliato? La vostra prima risposta sarà probabilmente ‘non so, non si dice così, io direi in questo o questo altro modo’ ma difficilmente riuscirete ad esplicitare il perché, per lo meno su due piedi.
Ora immaginatevi questo scenario in un corso di Excel. E’ molto più semplice e veloce imparare ad usarlo con istruzioni chiare anziché procedere a ‘sentimento’ e prova ed errore. Una logica completamente diversa vero? Questo è quello che intendevo quando dicevo che i meccanismi della res cogitans e della res linguisica non si sovrappongono: un errore strategico molto comune, rafforzato daè trattare una lingua come un corso di excel, un manuale di istruzioni e una lista di vocaboli da imparare.
Un piccolo takeaway per chi di voi ha una mente logica e procedurale: fare reverse-engineering di una lingua può essere avvincente, stimolante e anche utile – ma non dimenticatevi che avete accesso a modalità molto più ergonomiche alla forma del nostro apparato linguistico.
>>Quindi una delle domande che mi pongo è: ma serve studiare la grammatica per imparare una lingua ?
La risposta è sì, in parte, ma dipende da quanto, quando e come. Ma su questo mi serviranno almeno altri 3 post ; )))
>>Le hai capito che vado ad orecchio e siccome sbagliavo la terza persona, me la faceva ripetere diverse volte velocemente, affinché mi rimasse in testa il suono, la sequenza.
Più di una cosa è interessante qui.
La terza persona in inglese è qualcosa di concettualmente banale – sicuramente molto più elementare di molte procedure complesse che abbiamo dovuto imparare nelle nostre professioni. Eppure, pur avendola compresa, quando passiamo all’azione, molto spesso viene sbagliata.
Tra i diversi motivi:
- la -s/-es alla terza persona contiene un contenuto informativo irrilevante per la comunicazione e quindi per pragmatismo (tendenza al risparmio energetico) il nostro sistema lo salta.
- lo ‘stato’ del nostro cervello in fase di valutazione (comprensione della regola) è diverso dello ‘stato’ del cervello in fase di esecuzione (parlo e la uso). In pratica il tizio nella vostra testa che ha capito la regola non è il tizio che poi la va ad implementare. Bisogna parlare al secondo, il primo anche se non capisce è ininfluente a fini della performance.
Guarda caso, per farla implementare, la docente non è ricorsa a spiegazioni, ma a ripetizioni ad alta velocità (per bypassare il monitor linguistico)
Questo perché noi umani dividiamo ogni cosa in chunks (“spezzoni lessicali” come dei lego che si combinano tra di loro) e non singole parole. Una delle cose che il nostro cervello è abilissima a fare è riconoscere pattern: sequenze che si ripetono.
- Gennaio 2, 2021 alle 2:02 pm #356
Lorenzo ti faccio una domanda, visto che il tema riconoscimento degli schemi da un punto di vista comportamentale mi è particolarmente caro.
È per questo che i corsi di lingue più moderni basano tutta la loro didattica su questo principio? Piccoli chunk da significato compiuto che puoi intervallano e ruotano con cadenze predefinite?
Hanno fatto degli studi sull’efficacia di questo approccio?
Simone
- Gennaio 5, 2021 alle 6:50 pm #364
Ciao Simone,
in breve sì, soprattutto quelli orientati alla comunicazione.
L’uso di chunk a livello didattico è alla base del cosiddetto Approccio Lessicale (Lexical Approach) sviluppato da Lewis nei primi anni 90, che sopravvive con diverse modifiche in svariate modalità didattiche, ed è anche alla base di alcuni processi di machine translation.
L’intervallo e la modifica a cui fai riferimento invece, hanno a che fare con due principi:
– Il cosiddetto Spaced Repetition System, o ripetizione dilazionata: derivato dai primi lavori di Pimsleur (i cui corsi se non sbaglio hai già provato) ed è ormai alla base di buona parte degli algoritmi di retrieval practice.
– La Teoria del carico cognitivo (Cognitive Load) e quella dei Narrows Limits of Change che indicano i pochi cambiamenti gestibili volta per volta dal nostro sistema cognitivo.
- Gennaio 5, 2021 alle 6:53 pm #366
Studi in doppio cieco su larga scala su adulti ne ignoro, sono pochi e frammentati, ma per la riconoscimento degli schemi, specialmente sui bimbi o studenti, ti invio gli articoli apparsi su Psychological Science e Daily Science che avevo salvato.
Non riesco come ti dicevo a postarli qui per via del filtro antispam.
- Gennaio 6, 2021 alle 2:31 pm #367
Grazie Lorenzo: molto interessante (anche la tua risposta alla mia condivisione).
Ciao Simone,in breve sì, soprattutto quelli orientati alla comunicazione.
L’uso di chunk a livello didattico è alla base del cosiddetto Approccio Lessicale (Lexical Approach) sviluppato da Lewis nei primi anni 90, che sopravvive con diverse modifiche in svariate modalità didattiche, ed è anche alla base di alcuni processi di machine translation.L’intervallo e la modifica a cui fai riferimento invece, hanno a che fare con due principi:
– Il cosiddetto Spaced Repetition System, o ripetizione dilazionata: derivato dai primi lavori di Pimsleur (i cui corsi se non sbaglio hai già provato) ed è ormai alla base di buona parte degli algoritmi di retrieval practice.
– La Teoria del carico cognitivo (Cognitive Load) e quella dei Narrows Limits of Change che indicano i pochi cambiamenti gestibili volta per volta dal nostro sistema cognitivo.Questi accenni “accarezzano” la parte analitica a curiosa di me, a questo punto (conscio del fatto che la risposta a questa domanda potrebbe generare un corso o una SNC o… ) chiedo: a livello PRATICO cosa conviene fare per imparare velocemente una lingua (o altra abilità) ?
- Gennaio 6, 2021 alle 3:33 pm #369
Io e Lorenzo abbiamo deciso di fare una puntata del podcast su questo argomento…
Nel frattempo, se vuole, lo invito ad iniziare a risponderti qui!
S
- Gennaio 6, 2021 alle 7:33 pm #372
Magari possiamo raccogliere qui qualche domanda o aree di interesse, cosa dici?
- Gennaio 6, 2021 alle 7:49 pm #373
Certo, mi sembra una buona idea
- Gennaio 6, 2021 alle 5:23 pm #370
Io e Lorenzo abbiamo deciso di fare una puntata del podcast su questo argomento…
Nel frattempo, se vuole, lo invito ad iniziare a risponderti qui!S
Bravi: bell’idea ! - Gennaio 6, 2021 alle 7:28 pm #371Grazie a te per aver condiviso, Alexander.Allora, provo a rispondere alla tua domanda da un milione di dollari cercando di essere il più possibile sintetico e pratico.
Parto dai seguenti assunti:
– non ci troviamo in uno scenario di immersione, ovvero non siamo circondati da parlani della nostra target language;
– abbiamo una vita lavorativa e personale e quindi costretti a dosare le nostre risorse di tempo e energia.I principi qui sotto sono volti a massimizzare l’efficacia di queste due risorse in un’ottica di raggiungimento di un risultato operativo (quindi non un esame, o un certificato, ma la sensazione di saper interagire in maniera fluida anche se imperfetta con nativi)Strategia e pianificazione:
Valutare, agenda e calendario alla mano, con più onestà possibile quanto tempo si può dedicare in media a questo obiettivo: la costanza e il sapere cosa, quando, e come fare paga molto di più alla lunga che l’intensità di un iniziale entusiasmo effimero. Non considerare unicamente l’apprendimento valido quello di fronte ad uno schermo o quello passato chino su un libro: il 90% del mio lessico in Francese (vi scrivo dalle Ardenne) è stato acquisito durante percorsi in mountain bike qui nel parco nazionale. L’allenamento imperfetto che fate costantemente è molto più efficace di quello perfetto che riuscite a fare una volta al mese.
Input costante, comprensibile, e modulato:
L’ideale (per muoversi nel range A1-B1) è quello di materiale che offra un buon mix tra la comprensibilità graduale e contenuti un minimo interessanti altrimenti si rischia la sidrome che io chiamo The Penis on the Table (spacing intended). Materiale molto popolare tra i poliglotti sono i corsi Assimil o le Short Stories di Olly Richards ma la rete è ormai ricchissima di contenuto gratuito e di alta qualità. Toccate la grammatica il minimo possibile, inizialmente. Non ascoltate gli integralisti dell’immersione totale: la vostra lingua madre (o madri come nel caso di Alexander) sono il vostro miglior alleato inizialmente. Focalizzatevi su lettura bilingue, molto ascolto, traduzione bidirezionale, pattern e lessico più comuni.Consapevolezza del processo:Questa è la parte più critica e al contempo più difficile dell’intero viaggio. Sapere come funziona la nostra memoria linguistica, come gestire e superare l’ansia lessicale (Foreign Language Anxiety), come aumentare la nostra tolleranza per l’ambiguità (Tolerance for Ambiguity), come valutare gli effettivi progressi, come modulare il proprio apprendimento sulle nostre caratteristiche individuali: è la differenza che fa la differenza, specialmente nel lungo periodo. Ed è anche uno dei miei interessi professionali come formatore.Questi accenni “accarezzano” la parte analitica a curiosa di me, a questo punto (conscio del fatto che la risposta a questa domanda potrebbe generare un corso o una SNC o… ) chiedo: a livello PRATICO cosa conviene fare per imparare velocemente una lingua (o altra abilità) ?
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