(Coaching) SCOPRI LE STRATEGIE DI APPLE E DI FACEBOOK

[Simone]

SCOPRI LE STRATEGIE DI APPLE E DI FACEBOOK

Non so perché ma quando vedo un post a pagamento che inizia con ‘SCOPRI LE STRATEGIE DI APPLE E DI FACEBOOK’ mi prende una stretta allo stomaco.

Ho già una mezza idea delle minchiate che dovrò leggere di lì a poco.

Quando poi è legato al mondo del coaching e della formazione mi viene da vomitare.
Lo so, forse è una risposta un pelo eccessiva.
Però mi piacerebbe davvero troppo che il mondo del coaching avessero una credibilità che negli ultimi anni è stata persa proprio per messaggi rivolti a persone ignare, con lo scopo di farle sognare di ‘diventare anche loro un coach da un fantastiliardo di Dollari’.

Ovviamente l’occasione è la promozione dell’ennesimo corso di ‘business coaching’ per diventare un coach super ricco che fa coaching ai grandi capitani di industria.

Il messaggio sottostante qual è?
O meglio, il sogno che si vende qual è?
Che qualsiasi elettrauto, parrucchiere, imbianchino, impiegato, imprenditore può diventare un coach da un fantastiliardo di dollari e presentarsi direttamente alla porta di un grande capitano di industria e grazie al corso che ha fatto iniziare a fatturare milioni di euro.

Poi andando ad approfondire (ormai ero incuriosito) OVVIAMENTE è la vecchia, cara e sorpassata PNL che ha cambiato nome (visto che i corsi practitioner e company non tirano più 😉 )
Allora.
Va bene, adoro l’inventiva di questi personaggi. E pur di vendere va bene tutto.
Ma la realtà di come funzionano le cose è un altra, se vogliamo essere onesti con noi stessi.

E non è che non si può fare coaching.
Si può fare ed è un lavoro che può dare enormi soddisfazioni economiche e un enorme libertà e una qualità di vita senza uguali.

Il fatto però è che ho visto per troppi anni gente che non aveva mai messo piede in una azienda iscriversi al corso di business coaching ‘perché in quel settore si guadagna di più’ e poi non avere un singolo cliente nei cinque anni successivi.

Perché il problema non è il contenuto che trovi in un libro che ti svela come fare coaching.
È la credibilità che hai per giocare una partita ad un livello, che se non è percepito essere il tuo, non potrai mai giocare.

Vado un po’ più nel dettaglio.
C’è spesso questa credenza per cui il coach non lavora sul contenuto ma sul processo.
In buona sostanza: non è necessario che il coach sappia qualcosa del settore delle persone con cui lavora… basta che conosca le domande potenti e sappia scardinare le convinzioni limitanti ed il gioco è fatto.
E questo è un errore enorme.
Fatto forse in buona fede.
O magari perché così si possono convincere le persone che anche se non hanno competenze pregresse possono diventare coach da un fantastiliardo di dollari.

Quando si fa coaching c’è una parte strutturale. Che è quella che lavora per cambiare posizione operativa della persona e farla funzionare, decidere e agire da una configurazione cognitiva diversa, come diciamo nel ReSonance.

E poi c’è una parte funzionale. Della serie: ti dico cose, consigli… ti faccio vedere cose che io vedo e che tu non avevi ancora visto… che hanno un senso per te, che hai pagato per fare coaching con me.

Presupposto: devo conoscere il tuo mondo.

Nessuno, nessuno, nessuno al mondo nel mondo vero farà mai una sessione di coaching che lo soddisfa se non c’è una parte di contenuto funzionale di questo tipo.

E questa parte funzionale è FONDAMENTALE perché se non si dà dimostrazione al cliente di ‘appartenere’ al suo mondo e di averne una certa conoscenza diretta di come funzionano le cose da loro… non ti permetteranno mai di accedere ad un possibile cambiamento di struttura operativa.

Il lavoro di Coaching è per prima cosa un processo di fiducia e di affidamento.
Che si basa sulla credibilità.
E sapere ottenere la credibilità già dalle prime parole è parte integrante del processo di consulenza personale di cui parliamo.

E poi c’è l’aspetto per così dire folkloristico del post.
Stuzzicare l’immaginazione degli aspiranti coach citando apple e facebook.
Che merita un post a sé 😉

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