Molti coach ‘standard’ spesso presentano il Coaching in uno di questi due modi…
- Socratico – molto mite, gentile e apparentemente empatico: un intervento di aiuto che non interferisce mai con il processo personale dell’individuo a cui stanno facendo Coaching. Assolutamente non direttivo, non dice mai qualcosa di più rispetto a quello che il cliente ha portato nella sessione per primo.
- Serioso e motivazionale – preciso, ‘in giacca e cravatta’, spesso di taglio motivazionale: un modo per risvegliare e accedere a livelli più alti di performance e soprattutto di performance interpersonale per dirigenti, imprenditori, professionisti e chiunque cerchi di guidare gli altri in qualsiasi modo. Spesso sentirai definire questo tipo di Coaching come quello dei ‘padri fondatori’, e in effetti nasce negli anni ’70 ben prima dell’avvento delle Neuroscienze, allora agli albori.
Questi sono sicuramente due modi di considerare il Coaching, e sonoperfettamente validi per molte persone. Se cerchi una scuola di Coaching non avrai a trovare qualcuna che segua uno di questi due percorsi.
Adesso: ti chiedo di mettere da parte entrambi questi modi di fare coaching e guardare la questione da un’altra prospettiva…
Negli ultimi 12 anni ho sviluppato un approccio al lavoro con i clienti che ignora quasi completamente il pensiero convenzionale sul Coaching e su come si deve fare Coaching con i clienti.
E l’ho fatto per un motivo solo: perché nella gran parte dei casi fare Coaching in uno di quei due modi non genera i risultati che potrebbe.
Chiunque, nel mondo reale, sappia come generare davvero cambiamento e trasformazione per le persone non segue questi due approcci.
E chiunque già sia arrivato a generare performance di alto livello non è arrivato a farlo grazie a questo tipo di processi.
Come faccio a saperlo? Perché da 12 anni lavoro con dirigenti, atleti olimpionici, giocatori di serie A, concertisti e nessuno di loro ha mai risposto o risponderebbe mai a un Coaching di questo tipo.
Anzi, ti dico di più.
Quando a questi performer eccezionali ho provato a fare un lavoro di Coaching ‘vecchio stile’ appartenente alle due tipologie che a cui ho accennato… la loro risposta è stata infastidita o quella di alzare il sopracciglio e fare un sorrisetto.
Non l’hanno presa bene.
Quel tipo di Coaching genera empatia che è una cosa bella ma lascia le persone esattamente allo stesso punto di prima alla fine del processo.
Crea persone con tanta autostima e voglia di farcela (motivazione) ma con pochi strumenti e capacità di capire come evolvere davvero.
Personalmente ho un approccio un po’ diverso, che mantiene empatia ed emozione e anche l’emotività. Ma genera anche molti risultati e capacità di agire, e comprensione dei processi per essere sempre migliori.
In questo post ti dico alcune delle cose che NON faccio spesso …
- Lasciare che i miei clienti mi raccontino troppo a lungo i loro problemi o le sfide che stanno affrontando magari da tanto tempo. Visto che non sta funzionando (altrimenti non sarebbero da me) non ho bisogno che passino ancora del tempo in quella configurazione soma-semantica che gli sta impendendo di funzionare bene
- Ascoltarli raccontare la loro storia troppo a lungo, dato che non è comunque la storia che vogliono vivere
- Tenere per me le mie osservazioni, le mie opinioni e la mia esperienza: invece a volte le condivido visto che vedo gli schemi che stanno impedendo loro di generare funzionare bene CONDIVIDO CON LORO LA MIA ESPERIENZA. Che tra parentesi è il motivo per cui mi pagano
- Fare un sacco di domande inutili per stabilire una presunta ‘connessione emotiva‘, solo per permettere ai miei clienti di sentirsi ascoltati quando invece significa solo tenerli ancora più a lungo nei loro problemi
- Parlare con deferenza e delicatezza per proteggere la loro sensibilità del mio cliente. Non sono bambole di porcellana, non si rompono se li metto davanti ad un confronto in cui gli dico le cose dalla mia prospettiva seguendo un processo di Coaching ben definito
- Trattare i miei clienti alla pari nel processo di coaching: dopo tutto vengono da me perché sono un esperto e non al loro stesso livello
- Cercare di non mostrare mai le mie vere emozioni e non aprirmi mai a loro
Queste cose NON le faccio.
Il mio approccio al Coaching è un po’ diverso, inizia in modo diverso, ha un ‘durante’ in modo diverso, e di solito ha anche un esito diverso: le persone che fanno Coaching ReSonance si fanno domande diverse da quello che partecipano ad un Coaching dei due tipi che ti ho elencato.
Invece di chiedersi ‘Perché non ha funzionato il lavoro che ho fatto con questo Coach’ si chiedono qual è stato l’esatto momento in cui qualcosa ha iniziato a cambiare e hanno iniziato a muoversi in avanti per ottenere ciò che volevano…
E anche se non riescono a capire con precisione quando è stato il momento… sono contenti di averlo avuto e di aver compreso come fare ad averlo in futuro.
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